(Leo Records 2012)
Originale e ben assemblato, “Knife, Fork And
Spoon”.
Materiali impro/opalescenti, in rigogliosa
fioritura.
Chitarra (+ live electronics), basso (+ live
electronics), batteria (Andrea Bolzoni, Dario Miranda e
Daniele Frati. I primi due, nell’ancora intermittente
progetto, Dialvogue), per umoralità e stralunata
grazia, in zona post RIO.
Acidità trattenuta a
stento, lisergici furori, nodosi e raggrumati.
Che per qualità
timbrico/tonale, s’accende d’una bizzarra luce nevrotica.
Bill
Gilonis, Mick Hobbs, Tim
Hodgkinson (The Work, The Momes), non son distanti,
cosi come, il lascito This Heat, è piuttosto evidente
(idea e pratica).
L’iniziale Staggering Shelf, la
grandinata Rocking Chair, la ferocia alla catena di Pop-Up
Toaster, la secca cadenza della frusta, Preparation: 12 Sec.,
l’escoriazione sincopata di Moka, il nevrotico trillar,
Bubbling Pavements.
Frammenti di una storia, che qualche
dente politico/polemico in meno, riorganizza all’oggi, e non, nei
grigi, claustrofobici panorami, Inghilterra anni ottanta.
Il punk
(post), da queste parti, c’entra eccome.
Altrove, son subdola
stasi.
L’osservazione della luna, fra cieli/palazzo, grigi e
periferici, i piedi, ghiacciati nelle scarpe (Suddenly Something
Clicked, Toy Steam Train, la title track, Big
Whisk).
Non cedono alla lusinga, della facile casella da
occupar.
E nel catalogo Leo, son praticamente unici.
Chi
rispetta l’ortodossia jazz, giri alla larga.
I curiosi, gli
sbandati, i cacciatori emozionali ed i vivi, da queste parti, son i
benvenuti.
Nel frattempo, fra le migliori opere, dell’anno in
conclusione.
Voto: 8
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