(Navona 2012)
Non sempre il giochino riesce. Mi riferisco all’accostare opere di autori semisconosciuti a capolavori di maestri consacrati, sperando che il lustro di questi illumini anche i colleghi meno nobili. Il filosofo David Hume ci aveva a suo tempo avvisati che, se accostiamo una cosa brutta a una bella, la prima risulterà ancor più brutta di quanto non sia in realtà, per effetto del confronto con qualcosa di nettamente superiore. È un po’ quello che accade col concerto di pianoforte di David Nisbet Stewart, messo inopinatamente prima della suite da Porgy and Bess di Gershwin. La bellezza melodica, la raffinatezza timbrica, la fantasia inesauribile palesati da quest’ultima, doti accentuate dal pastoso e insieme abrasivo arrangiamento per quintetto di ottoni, finisce per evidenziare le lacune del primo, che si perde in inutili arpeggi virtuosistici dello strumento solista che ruotano intorno a idee tematiche e strutturali francamente deboli. Meglio quando Stewart cambia registro ed evita di misurarsi sul terreno melodico con un campione come il grande George: ecco allora che il quintetto per pianoforte e ottoni, in sei agili movimenti, risulta efficace nella sua struttura spoglia, nei suoi profili spigolosi, nella nettezza ritmica sapientemente smussata da dolcezze armoniche finalmente ben dosate, e non abusate.
Voto: 6
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