(Navona 2013)
In questo bel cd Navona, ci viene offerta una significativa panoramica su una delle più autorevoli voci della musica classica contemporanea sudamericana, vale a dire l’uruguaiano Sergio Cervetti. L’iniziale trittico per pianoforte si caratterizza per l’insistente uso di vigorosi e incessanti arpeggi, in stile pseudo-minimalista, che fanno da sfondo magmatico e propulsivo a fluide e ondulanti linee melodiche, dal profilo quasi improvvisativo. L’influenza del minimalismo si fa sentire anche nei tre brani per clavicembalo; il riferimento non è però qui al minimalismo aperto all’Oriente che Terry Riley lanciò alla ribalta, quanto a quello meccanico e processuale proprio di uno Steve Reich o, nella sua forma più complessa, di taluni brani di Gyorgy Ligeti, il cui fantasma aleggia nella combinazione di strutture rigorosamente determinate e di ritmi marziali, insieme ad elementi folklorici e rockeggianti. Il suono scintillante, pieno di fascinosi riverberi, del clavicembalo, aggiunge un sapore particolare al tutto, tra antiche reminiscenze e futuristici scenari. I restanti due brani fanno parte della produzione più recente dell’Autore, che si cimenta egli stesso al pianoforte per la Suite scritta nel 2012. L’ispirazione religiosa di questo come del conclusivo brano dell’organo, palesata dai titoli, si traduce musicalmente in un utilizzo più parsimonioso delle tecniche altrove sperimentate. Accade dunque che le incalzanti linee di basso cedano talvolta il passo a sezioni liriche e celestiali, entrambe essendo peraltro riconducibili a territori armonici più facilmente identificabili. Un’inquieta ricerca di pace interiore, compiuta però con vigore e ostinazione, pervade queste composizioni, in particolare il pezzo per organo, che dona una maestosità trascendente e infine luminosa a un percorso sonoro non lontano, mi pare di udire, da certi esiti della musica cosmica dei pionieri tedeschi dell’elettronica anni Settanta.
Voto: 8
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