(Morone Records 2013)
Era un bel po’ che non sentivamo la band calabrese Ogun Ferraille, precedentemente recensita da me col loro primo album “Finalmente ti ho ucciso, batman” ed eccoli di nuovo tra noi, meno misteriosi e più diretti con la loro proposta indie rock.
Dico indie sì, ma l’andazzo è particolarmente aggressivo, pur restando sembra nell’alveo di un trio che non spinge particolarmente sull’acceleratore del ritmo. A volte, specie durante gli urli strazianti in pezzi come Peter, con il suo finale in crescendo strepitoso, sembra quasi di ascoltare qualche vecchio gruppo inizio anni novanta della Sub Pop o della Deep Elm.
In effetti la miglior qualità dei tre è proprio il convincimento emotivo che buttano in ogni minuto del corto (ventisei minuti) album, la scrittura spesso non è esaltante e i testi vengono biascicati in un inglese che lascia fin troppo all’immaginazione. Eppure, musicalmente i nostri sanno come muoversi tra riff e attacchi di basso distorto, dimostrando una certa efficacia già con l’iniziale Barney’s Version.
Certo una piena promozione è forse eccessiva, ma si tratta comunque di una proposta intrigante per un gruppo che, in qualche modo sconosciuto, si è facilmente conquistato la mia simpatia. Da seguire.
Voto: 6
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