Quattro Chiacchiere Digitali con Loris Zecchin ideatore della fanzine ‘Solar Ipse‘
di Marco Paolucci foto in home page di Agnese Divo
08/12/2013: Questa volta la chiacchierata digitale nasce da un acquisto, il numero 5 della fanzine ‘Solar Ipse’ creata da Loris Zecchin. Il corposo volume di circa duecento pagine, redatto con stile piacevolmente e totalmente “fanzinaro”, pieno zeppo di interviste, recensioni e divagazioni sulla musica ed altro mi ha portato, dopo averlo letto, a pensare l’idea di una puntata di Quattro Chiacchiere Digitali con il creatore, intervistatore, editore tuttofare, Loris Zecchin. Detto fatto, il nostro si è mostrato subito un interlocutore simpatico e disponibile a scambiare le consuete con Kathodik. A voi come al solito, i risultati:
1. Iniziamo con la classica prima domanda: come è nata l’idea di creare Solar Ipse?
La cosa che mi ha spinto ad imbarcarmi nel progetto è stata (ed è tutt’oggi a dire il vero) la volontà di dar voce a tutte quelle realtà della musica indipendente che per una ragione o per l’altra languono immeritatamente nella penombra. Underground non per il gusto di essere minoritari a tutti i costi, ma per la convinzione di poter fare la differenza contando sulle proprie forze. Amo molto il significato che si dava al termine negli anni Sessanta, quando l’arte tutta era rivolta all’aspetto esperienziale della faccenda e in un certo modo si era liberi di seguire i propri vagabondaggi senza ansie di dover monetizzare prima che lo facessero gli altri. Ecco, una risposta al Medioevo che stiamo vivendo oggi in questi ambienti di musiche sozze&autoprodotte potremmo rintracciarla nella progressiva soppressione di tale aspetto. La mentalità da aziendalismo fordista ha vinto anche qui. Si parla sempre di numeri, accessi Facebook, visualizzazioni, e ci si dimentica del motivo vero per il quale si decide di sporcarsi le mani con la creatività: entrare in connessione con quanto ci circonda, nel tentativo di rendere le nostre percezioni più acute.
2. Perché una fanzine cartacea?
Perché mi piacciono le cose fisiche, gli oggetti, da palleggiare tra le mani e rimirare. Sono cresciuto alternando alla stampa musicale specializzata che trovavo in edicola in quel buco di culo dove ho trascorso l’adolescenza (un paesino del Veneto Orientale) le fanzine ordinate per posta. Ne ricordo di bellissime: da ‘Tutti Pazzi’ a ‘Equilibrio Precario’, passando per cose sperimentali sul piano grafico, oltre che nei contenuti, come ‘Itself’; una fanza stampata in tipografia e ad ampio raggio di distribuzione che citava esplicitamente nell’assemblaggio di testo e immagine l’irriverenza sartoriale della mitica rivista inglese ‘Raygun’. Devo dire che oggi, quando mi capita di sfogliare questi manufatti, non posso fare a meno di pensare a quanto siano cambiate le cose. Le approssimazioni e l’ingenuità erano presenti allora come adesso, non discuto. Ma sulle vecchie fanzine furoreggiava una passione che nel passaggio al web è andata persa. Dello stesso disco potevi leggere cose diversissime da ‘zine a ‘zine. Non potevi “googolare” perché non sapevi cosa scrivere. Dovevi basarti solo ed esclusivamente su quello che era il tuo bagaglio, la tua formazione. Una condizione ottimale per far lavorare la materia grigia e poetizzare… so che può suonare assurdo, soprattutto alle orecchie di un ragazzo che per ragioni anagrafiche considera la rete come una cosa che è sempre esistita al pari della lavatrice e il frigo, ma la mia formazione è avvenuta nell’epoca in cui i dischi si compravano e “allenarsi” al desiderio aveva un significato ben preciso.
3. Leggendola ho ritrovato un approccio totalmente da “fan”, intrigante e “drastico”; da che cosa nasce questo tuo rapportarti con la musica?
“Love is the law” per dirla con le parole di Graham Bond! Non mi considero un critico, né un fanzinaro e tantomeno un cronista. Volendo dare un’etichetta in cui possa riconoscermi opterei per un semplice “cacciatore di musiche”. Sinceramente sono abbastanza schifato del modo in cui ci si occupa di propagandare un disco oggi e dell’indifferenza che circonda questa attività. A cominciare dagli artisti stessi, che spesso e volentieri ti sottopongono i loro materiali con l’unico obbiettivo di mungerti una valutazione (meglio ancora se numerica) da postare sulla propria pagina Facebook in attesa della pioggia dei “like” – che non danno la misura di niente -; inutile continuare a menarla con la storia che sia uno strumento attendibile. L’importante è appuntarsi le medagliette al petto e aspettare che ti vengano a fare pat-pat sulla spalla… Altra questione, non meno importante e che invade in maniera trasversale il campo delle espressioni artistiche, è il perdurare di una mentalità giurassica-necrofila che sì, riconosce il primato dell’intuizione artistica di un’opera ma vede la critica, o come la vogliate chiamare, solo ed esclusivamente in rapporto gregario, come un momento di trascrizione notarile di dati o elenco degli ingredienti. Manca a mio avviso un rapporto di emotività genuino, la soggettività creativa di chi scrive. Limitarsi a ripetere a pappagallo quello che riporta la cartella stampa di un disco mantenendo l’asticella sul generalmente buono/generalmente passabile non ha senso e soprattutto non crea in me appassionato la scintilla per indagare. Ma forse bisognerebbe chiedersi cosa/chi è l’appassionato nel 2013…
4, Approfondiamo la controparte Solar Ipse label: è nata prima la fanzine o l’etichetta discografica, (come dire è nato prima l’uovo o la gallina)?
E’ nata prima la fanzine. L’idea di un’etichetta tutta mia bussava insistentemente dai tempi in cui ero coinvolto nella scena hardcore-punk. Per motivi di natura economica la cosa è rimasta in standby fino all’anno scorso, quando accecato dalla bellezza di “Season Two” di Ninni Morgia e Marcello Magliocchi ho deciso che era arrivato il momento di scendere in campo.
5. Stai pensato di stampare in vinile oltre che in cd?
Non credo che avrò mai la disponibilità economica per realizzare uscite in vinile. E sinceramente la cosa non mi angustia affatto. A me il cd come supporto fisico piace, e continuo a preferirlo a tutte quelle minchionate che vanno per la maggiore nei cunicoli dell’underground come la cassetta. Continuano a dirmi che il suono su nastro è migliore…sarà che il mio orecchio sta tirando gli ultimi e che il mangiacassette che ho in casa è una merda ma non riesco proprio a capire dove stiano tutti questi pregi di cui parlano… mah! Prima di passare alla domanda successiva vorrei fare un piccolo inciso sul padellone nero. Noto che chi sceglie/ ha la possibilità di uscire in questo formato gode di una considerazione maggiore rispetto a chi invece si affida al cd o altro, quasi che il vinile comportasse automaticamente una non ben precisata “autenticità”… che sia un supporto nobile siamo d’accordo, ma che un’uscita venga snobbata o considerata meno solo perché non in vinile mi fa cadere le palle.
6. I tuoi gusti influenzano quello che pubblichi nella fanzine o è grazie alla fanzine che ampli i tuoi gusti e le rispettive pubblicazioni musicali?
Difficile individuare la provenienza esatta di tutti gli stimoli. Ma a costo di sembrar spocchioso ti dirò che ho capito molte più cose sulla musica, almeno negli ultimi anni, leggendo gli scritti e le interviste di Kounellis sull’arte che non Pitchfork.
7. Da qui una domanda di approfondimento personale: quali sono stati i dieci dischi che ti hanno cambiato la vita?
STOOGES ‘Funhouse’ (Elektra, 1970) Un mutamento per la musica epocale, di un’importanza paragonabile a quella che trasformò il primate ominide in uomo. Torrido e sexissimo! (Anni fa, durante un viaggio a Parigi feci la pazzia e scucii 80 euro per portarmi a casa il cofanetto 7 cd contenente l’intera seduta di registrazione dell’album! Mai acquisto è stato più azzeccato… si possono sentire tutte le diverse combinazioni dei brani, le false partenze, gli assolo prender forma take dopo take, lo scambio di battute tra i componenti… una cosa da fan terminale, certo, ma con un valore tutt’altro che “documentaristico”. Qui è stata scritta la storia!)
THIS HEAT ‘Deceit’ (Rough Trade, 1981) Quando si parla di opere che anticiparono il futuro penso sempre a questo disco. Credo, negli anni, di non averlo suonato meno di 500 volte! Semplicemente strepitoso (e un passo avanti a tutto quello che hanno realizzato, esordio compreso).
ALVIN CURRAN ‘Canti e vedute del giardino magnetico’ (Ananda, 1975) Suoni che si curvano in maniera sensuale pizzicandoti le sopracciglia e la punta delle dita. La prova concreta che il linguaggio ha al suo interno degli elementi/movimenti incontrollati anche per l’orecchio che crediamo più fine. Se non vi stupite nemmeno un pochino all’ascolto di ‘Canti e Vedute del Giardino Magnetico’ significa che avete una pietra al posto del cuore.
FUSHITSUSHA ‘Double live’ (PSF, 1989) Ci ho messo un po’ per “entrarci”, forse a causa della tendenza all’ampollosità che distingue molta della musica del Sol Levante, ma nel momento in cui le spie del piacere hanno cominciato a lampeggiare è diventato uno dei miei dischi irrinunciabili. Lo ascolto spesso la sera in cuffia, dopo che la compagna è andata a letto e l’unico rumore nella palazzina è l’ascensore che, di tanto in tanto, si mette in moto facendo gorgogliare cinghie e ingranaggi.
EXPERIMENTAL AUDIO RESEARCH ‘Phenomena 256’ (Space Age, 1996) Un disco dall’approccio minimale, con i suoni che sembrano precipitare nel silenzio. Diciamo che ha cambiato radicalmente la maniera in cui mi avvicino all’ascolto di certe musiche sperimentali “a lento rilascio”.
SOUND ‘Drunk on confusion’ (Beautamous Loaf International, 1999) La bislacca visionarietà dei Legendary Pink Dots centrifugata nell’elettronica anni ’90 (Aphex Twin e soci), con un’eco Rock In Opposition di fondo. In quanto ad audacia ed astrazione è un cd che fa scomparire metà dei cataloghi Load E Skin Graft.
AA/VV ‘Jazzactuel’ (Charly, 2001) La storia della BYG/Actuel, una delle etichette più aliene di tutta la storia della fire music. Tre cd più libretto curato da Thurston Moore e Byron Coley. Non la classica compilation fritto misto, ma un viaggio-panoramica per capire l’evoluzione di uno stile musicale che del ritmo tachicardico delle emozioni fece la propria bandiera. Ps.: in questi giorni ho letto, non ricordo più dove, che è uscita la ristampa con potenziamento di note nel booklet. Dato che si sta avvicinando Natale e i regali migliori sono quelli che ci facciamo da soli…
STEROID MAXIMUS ‘Gondwanaland’ (Big Cat, 1992) Adorabile J.G. Thirlwell! Sotto la sigla Steroid Maximus realizzò nel 1992 questo oggetto non identificato che recuperai solo sul finire del ’99 in uno sfigatissimo mercatino delle pulci. Mi sconvolse al punto che per giorni non ascoltai altro, preda di un incantesimo. Affondare la barca sulla quale l’ascoltatore idealmente si pone è il messaggio!
PAIN TEENS ‘Beast of dream’ (Trance Syndicate, 1995) Houston, Texas. Lui e lei come da tradizione coppia maledetta del rock ‘n roll (John Doe ed Exene Cervenka, Jennifer Herrema e Neil Hagerty…). La Siouxsie di “Arabian Nights” tra lampi di elettricità, riti voodoo e velluti marci. Spero che con la rivalutazione dei ’90 li ripeschino…
NEGAZIONE ‘Lo spirito continua’ (Konkurrel, 1986) Mi ero fatto una cassettina dal vinile. Amavo ascoltarla in autobus, nel tragitto di rientro dalle superiori. Ricordo che durava esattamente la durata del viaggio. Un giorno ne feci una copia a una ragazza che volevo conquistare. Il dono non portò ad alcun feedback e ci rimasi male in una maniera che proprio non mi sarei aspettato (a suon di sentirsi dire “no” uno crede di essersi fatto la pelle dura e invece…). Da allora, ogni volta che l’occhio mi cade sul dorsino di quell’lp mi torna in mente l’episodio… chissà che fine ha fatto quella tipa e chissà se conserva ancora la cassetta tra le sue carabattole…
*Menzione d’onore numero 1:
NURSE WITH WOUND ‘Soliloquy for lilith’ (Idle Hole, 1988) + LEGENDARY PINK DOTS ‘Chemical playschool 11,12 & 13’ (Caciocavallo, 2001) Due modi di delineare la forma dell’universo. Due modi di combinare assieme spazio e tempo prima che scompaiano nel freddo niente. Due dischi in cui annegare.
*Menzione d’onore numero 2:
Il mondo delle colonne sonore, una fetta importantissima della dieta musicale degli ultimi anni: Lalo Schifrin, Pete Rugolo, Serge Gainsbourg, Basil Kirchin, Quincy Jones, Cliff Martinez, Georges Delerue, le compilation ‘Easy Tempo’, le strambissime soundtrack della Finders Keeper…se per caso vi state chiedendo se mi piacciono i lavori per il cinema di Teho Teardo la risposta è no!
8. Ora una domanda sul “senso della vita”: come ti senti “cartaceo” in un mondo che sta diventando sempre più digitale? Prevedi una versione e-book della fanzine?
Penso di aver già ampiamente manifestato la mia posizione nella risposta alla domanda 2. Faccio uscire la fanzine in 400 copie perché voglio 400 persone che si prendano la briga di leggerla e sfogliarla. La tiritera del “mettendo la pubblicazione su internet potresti raggiungere una platea ancora più vasta” mi sembra una romanticizzazione sulle infinite possibilità della rete che ormai ha fatto il suo tempo… Se, ipotesi, un domani non dovessi avere più denaro sufficiente per stampare la fanza ritornerei alle fotocopie o smetterei di farla.
9. Ed ora domanda finale: progetti futuri?
Allora, la fanzine vedrà la luce come da tradizione per inizio estate dell’anno (immagine a fianco cd Nils Rostad) venturo, mentre per l’etichetta c’è in ballo una ristampa di un disco dei Jazzfinger. Non saprei dare però una tempistica. I componenti della band vivono in paesi diversi e le comunicazioni tra loro avvengono a spizzichi e bocconi, rallentate dai mille cazzi della quotidianità. Mettersi d’accorso sul materiale extra da inserire nel cd è quindi un’agonia senza fine. Speriamo bene… Altro progetto che sta prendendo piede un po’ alla volta è l’idea di un tributo a un regista underground italiano scomparso di recente, Paolo Brunatto, autore di “Vieni dolce morte (dell’ego)”, una pellicola che pigia violentemente sul pedale della visionarietà più estatica (altro che le farloccate di Jodorowsky!). Nel ringraziarti per lo spazio concessomi, invito chi sta leggendo a farsi un giro nel sito di Solar Ipse per scoprire i due nuovi cd freschi di stampa: la reissue dei due introvabili lavori di Nils Rostad, “Ujamt / Harmony Hammond” e il debutto di Werner Durand e Victor Meertens, “Hornbread”.
Link: Solar Ipse Home Page