(Navona 2013)
Il Bowed Piano è un’invenzione del compositore e strumentista americano Stephen Scott che, negli anni Settanta (per la precisione nel 1977, al Colorado College), in pieno clima “west coast minimalism”, riuscì ad aprirsi una propria strada, che prosegue felicemente fino ai nostri giorni, come questo bel cd della Navona testimonia. Lo strumento in questione rappresenta un’evoluzione del pianoforte preparato di John Cage e degli Aeolian-Pieces di Henry Cowell. Scott pensò di sfruttare al massimo l’idea di suonare il pianoforte in modo non convenzionale, e chiamò a raccolta, intorno a un pianoforte a gran coda aperto, dieci musicisti, tutti intenti a sfregare le corde del piano con filamenti di nylon, crine di cavallo e utensili di vario genere. L’effetto visivo, come si intuisce dalle immagini e dai video disponibili in rete, e come potranno senz’altro testimoniare i fortunati che hanno avuto occasione di assistere a una delle numerose performance dell’ensemble in giro per il mondo, è teatrale e spiazzante. L’effetto sonoro, come ci si accorge dopo pochi istanti di ascolto del cd, è fascinoso ed ammaliante. Da quel pianoforte, soprattutto dalle sue corde e solo ogni tanto dai suoi tasti, si odono simil-violini, fisarmoniche, clarinetti, metallofoni, vibrafoni, insomma una vera e propria orchestra, con una sua unica e magica alchimia acustica. Dal punto di vista più strettamente compositivo, lo stratagemma che l’Autore del gruppo – lo stesso Stephen Scott – principalmente e magistralmente adotta, è concentrarsi su una qualche cellula ritmica, una melodia o una tessitura di accordi a lui particolarmente cara, se non frutto diretto della sua creatività, e “gettarla” in pasto al bowed-piano e ai suoi adepti, dalle cui mani e nelle cui corde viene ora “frullata” dando vita a shaker ritmici di (John-)Adamsiana memoria, o diluita e dilatata in incantatori suondscapes. Ciò che colpisce in questo nuovo capitolo della saga Scottiana è come il materiale così trattato e filtrato provenga dalle fonti più disparate come il jazz di Miles, la musica spagnola, i ritmi urbani e il folk baltico; fornendoci così, grazie anche al contributo di ospiti d’eccezione come il soprano Victoria Hansen e Saraiya Ruano ai flauti dei nativi americani, una visione pan-culturale e “bowed-oriented” (passatemi questa espressione) del mondo musicale. Spero prima o poi di avere l’opportunità di assistere a una performance del Bowed Piano Ensemble, ma intanto mi godo – e invito anche a voi a farlo – questo loro ultimo, entusiasmante, lavoro discografico.
Voto: 9
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