Quattro Chiacchiere Digitali con Sara Pavan sul ‘Potere sovversivo della carta’
Di Marco Paolucci
02/06/2014: Complice la prima edizione di ‘Ratatà’, festival dedicato al fumetto, illustrazione, grafica, editoria indipendente, che si è svolta a Macerata al Centro Sociale Autogestito Sisma, ho conosciuto Sara Pavan e il suo libro ‘Il potere sovversivo della carta. Dieci anni di fumetti autoprodotti in Italia’. Da cosa è nata cosa, per Kathodik oltre alla recensione (qui), anche la volontà di intervistarla per farmi/farci raccontare l’idea dietro al libro e al fare fumetto di questi tempi. Come al solito a voi i risultati:
- Come è nata l’idea del libro?
Il libro nasce da un’intuizione di Andrea Scarabelli, che poi mi ha seguito come editor. Andrea è uno scrittore vero, ma è molto appassionato di musica e per il mio stesso editore, Agenzia X, aveva curato un volume, Suonare il paese prima che cada, con dodici interviste in forma narrativa dedicate ai protagonisti della scena musicale indipendente italiana degli anni zero. Il mio libro è un analogo dedicato al mondo del fumetto. Oggi, dopo averlo scritto e averne parlato un po’ in tutta Italia, mi accorgo che quello che vale per il fumetto e per la musica, vale per tutta la cultura italiana. In ogni settore, dal teatro alle radio indipendenti, dal cinema alla street art, fino ad arrivare al movimento dei makers, l’autoproduzione è stata la risposta all’appiattimento e alla crisi. Nel libro parlo di “fumetto selvatico”, perché la scena alternativa, proprio come fanno le piante selvatiche in natura, ha coperto un vuoto, impedendo la desertificazione e trattenendo la terra sotto ai nostri piedi. In realtà sarebbe giusto definire selvatica tutta la cultura italiana, perché i contenuti più vivaci e fecondi in questa fase storica li troviamo fuori dai circuiti regolari ed istituzionali, che per una serie di motivi che tutti ben conosciamo, non la riescono a sostenere. Ma c’è chi fa e bene nonostante tutto, senza aspettare che dall’alto venga legittimata o richiesta la sua opinione.
- Come hai selezionato gli intervistati, che parametri/metodi hai utilizzato, se di metodi si può parlare?
Per formazione accademica sono storica dell’arte per cui studiare, fare ricerca e scrivere del settore dell’arte, in questo caso del fumetto, è qualcosa per cui sono competente, almeno in teoria, non solo in virtù del mio essere una fumettista (poco produttiva, ma comunque una fumettista). Nel libro parlo di un periodo, gli anni zero, e di una generazione, quella dei trenta-quarantenni di oggi, che fino ad ora non avevano ancora ricevuto diffusamente l’attenzione degli storici del fumetto. Il momento storico su cui mi concentro però è una fase che ho vissuto in prima persona, per cui sono partita innanzitutto dalle informazioni di prima mano che derivavano dalla mia esperienza di vita. Su questa base mi sono poi confrontata con il mio editor Andrea e con alcuni amici fidati espertissimi di fumetto, per individuare i dodici autori che mi permettessero di parlare di esperienze esemplari per capire il fenomeno, senza alcun fine enciclopedico. Volevo che fossero non solo artisti che in passato si erano dedicati all’autoproduzione ma che fossero a vario titolo autoproduttori anche nel presente. Volevo dei nomi che tutti avrebbero definito “professionisti” in quello che fanno, che avessero magari pubblicato anche con editori mainstream, o la cui opera in qualche modo fosse comunque distribuita a livello nazionale se non addirittura oltre confine, con edizioni straniere, premi e mostre all’estero. Limando, contrattando, facendo rinunce, capendo magari che alcuni artisti sarebbero stati fuori luogo, i dodici apostoli sono apparsi chiari nella mia mente.
- Nel libro ci sono vari punti di vista anche molto distanti: da Roberto La Forgia a MP5. Cosa ne pensi? Credi che questo rispecchi le varie anime del fumetto indipendente?
Assolutamente, l’insieme, a volte cacofonico, delle loro voci vale molto di più del singolo contributo di ciascuno. È dai cortocircuiti tra i vari racconti che si esprime il valore del libro. Un po’ come nel fumetto la bontà di una narrazione si evidenzia negli spazi bianchi tra una vignetta e l’altra lasciati da completare alla mente del lettore, qui è dal confronto, dai rimandi, dalle contraddizioni tra i vari punti di vista che emerge il sapore della scena nella sua totalità. Infatti, nel mio delirio da curatrice, Il potere sovversivo della carta si gusta meglio letto seguendo l’ordine delle pagine, non saltando disordinatamente da un capitolo all’altro. Poi, appunto, questo è il mio delirio, ma per chi davvero non sa nulla del fumetto indipendente e autoprodotto farsi accompagnare per mano da me lungo le pagine è la cosa migliore per riuscire a orientarsi un minimo. C’è l’anima politica di artisti come MP5 o Zerocalcare, l’anima ironica di autori come Tuono Pettinato, i bastian contrari come Roberto La Forgia o Francesco Cattani, gli emigrati come Romina Pelagatti o Alessandro Tota, quelli che vivono di illustrazione come Giulia Sagramola o Alessandro Baronciani, i duri e puri come Strane Dizioni, gli stranieri come Amanda Vähämäki, o gli anticipatori come Andrea Bruno, nelle loro storie di possono trovare elementi comuni alle storie di tutti quelli che non ho materialmente potuto intervistare. Ci sono angoli purtroppo che non ho potuto toccare, nomi che ad esempio sono solo stati citati, come il grandissimo Alessio Spataro e tutta la sua satira, Claudio Calia e il suo lavoro con Emiliano Rabuiti per le antologie che hanno curato insieme a metà anni 2000, o tutto il lavoro di Rocco Lombardi legato alla scena hard core, o anche tutta l’esperienza di autoproduzione portata avanti da artiste come Marina Girardi o Eleonora Antonioni. Questo tanto per snocciolare qualche nome che mi passa per la mente adesso e che nel libro non sono riuscita a presentare diffusamente.
- Collegata alla precedente domanda ti chiedo: che cos’è per te il fumetto indipendente?
Il fumetto indipendente non è necessariamente quello senza ISBN, editori come GRRRžetic fanno parte a pieno titolo della scena indie. Gli elementi che accomunano gli indipendenti sono innanzitutto i temi: spesso vengono affrontati argomenti che nell’editoria dei grandi numeri basata sul profitto, non sarebbe conveniente produrre perché hanno un bacino di riferimento troppo di nicchia o, molto più spesso, perché sono politicamente scorretti. Il tempo richiesto anche solo per la realizzazione di questi libri è antieconomico, perché il tipo di ricerca autoriale che sta dietro alla loro stesura o anche solo il tempo materiale per la stampa come nel caso delle edizioni in serigrafia è assolutamente inconciliabile con le logiche di mercato. Quindi abbiamo sperimentazione grafica, stilistica e di contenuto, un attenzione alla ricerca, al proporre la seconda versione delle cose e non un “buona la prima” per il consumo bulimico del momento, e infine un amore per l’oggetto libro, la qualità dei materiali e della stampa: tutti elementi che è davvero raro trovare nei mass media.
- Per contro: che cos’è per te il fumetto mainstream?
Il fumetto maistream vero e proprio è essenzialmente quello seriale da edicola, almeno in Italia. Qui neanche i fumetti che escono per le case editrici regolari sono realmente mainstream, almeno stando ai numeri. In Italia le tirature dei libri a fumetti sono bassissime, si parla di 1000-1500 copie a titolo di media, che poi sono le stesse di molte autoproduzioni. La grossa differenza sta nei canali distributivi, il fumetto mainstream arriva nelle edicole, nelle corsie dei supermercati, davanti alle casse nelle librerie di catena. E in certi canali si entra se ci si regge su una ferrea logica di mercato e se si offre un prodotto di consumo, consumabile.
Per me è sbagliato vedere il binomio autoproduzione/mainstream come un “noi contro di loro”. Non è una questione di tifo, di buoni e cattivi, di fighi e sfigati. Perché il mondo sia un posto migliore ci dobbiamo tutti augurare che quello che ora è patrimonio della cultura sommersa diventi mainstream, che quelli che sono gli stili di vita della cultura sommersa divengano diritti riconosciuti e dati per scontati. Che i temi di cui si può parlare solo nella controcultura divengano patrimonio comune. Libertà di stampa, di opinione e di orientamento sessuale, e poi la ricerca in ogni ambito culturale, scientifico e tecnologico, tutte le questioni dell’ecologia, dalla tutela delle sementi a quella degli animali, fino ad arrivare a una visione del mondo antispecista… Io sogno un mondo in cui tutto quello in cui credo sia dato per scontato, come è scontato per me che le donne abbiano il diritto di voto. Mia madre è nata che le donne ancora non potevano votare in Italia. Ce le dobbiamo ricordare queste cose. Io spero che le generazioni future abbiano lo stesso senso di straniamento che provo io quando penso al mondo in cui è nata mia madre perché vorrà dire che avremo vinto battaglie importanti e che quello che io sogno per la società che mi circonda sarà diventato realtà.
- Raccontami qualche aneddoto divertente relativo al tuo “pellegrinaggio a fumetti”.
Di pellegrinaggi a fumetti ce ne sono due: quello che ho fatto per scrivere il libro e quello che sto facendo per presentarlo. Il primo è stato un pellegrinaggio anche nel mio passato personale, il secondo sta diventando anche un pellegrinaggio nel sottobosco delle nuove generazioni di fumettisti, quindi nel futuro collettivo.
In generale sul primo posso raccontare che se non lo avessi compiuto il libro non esisterebbe. Sarebbe stato impossibile far sbottonare quegli orsi dei fumettisti senza la confidenza che si crea solo durante una chiacchierata informale faccia a faccia. Per esempio, se qualcuno volesse intervistare Andrea Bruno, un artista e una persona estremamente riservata e taciturna, faccia come me, vada da lui il giorno di Pasqua con un po’ di birrette. Funziona.
Sul secondo, posso dire che ogni tot durante il tour mi capita qualche sfiga. Una volta ad esempio mi è rimasto un cotton fioc nell’orecchio. Per evitare di passare la vita in pronto soccorso a Milano come codice bianco sono andata in giro per un paio di giorni con un pezzo di cotone nell’orecchio e rientrata a casa sono andata dal mio medico di famiglia in Friuli che però, ta-dan, non aveva il pratico strumentino che avrebbe permesso di levare il pezzo di cotone in un secondo. Ma il medico, novello MacGyver, ha escogitato un simpatico trucchetto: come se mi dovesse fare la pulizia dell’orecchio ha versato della soluzione fisiologica nello stesso, il cotton fioc si è imbevuto e gonfiato a dismisura ed è stato così possibile estrarlo con una semplice pinzetta. Il suono o meglio la sensazione di un cotton fioc che si imbibe nel mio orecchio mi ha fatto pensare a cosa succede ai tampax quando li si mette, beh, da un’altra parte, e credo facciano lo stesso rumore anche se lì non c’è nessun orecchio che li possa sentire. Ma come dice una simpatica storiellina zen un albero che cade fa sempre rumore anche se nessuno lo ascolta.
- Dopo il libro prevedi di continuare a documentare la scena fumettistica, attraverso per esempio una versione aggiornata ed espansa del tuo libro, oppure e anche con un portale informativo, una sorta di “wikipedia” sul fumetto indipendente?
Il progetto a cui tengo di più in questo momento è aiutare una serie di giovani molto motivati a selezionare fumetti autoprodotti da autori italiani dal 2010 al 2014, tradurli in inglese e realizzare un’antologia scaricabile gratuitamente in pdf che presenti il meglio della scena indie nazionale al pubblico estero, per raggiungere luoghi e lettori a cui sarebbe difficile arrivare di persona o anche solo con copie cartacee. L’intento sarebbe di lavorare a questo ambizioso progetto nel 2015 legandolo all’area autoproduzioni che curo all’interno del Treviso Comic Book Festival, lo spazio INKitchen, un vero e proprio salotto in cui i fumettisti presentano il loro lavoro agli altri giovani autori e al pubblico sorseggiando tè, mangiando biscottini, brindando con del buon vino, insomma in un clima di convivialità.
- Progetti futuri: la laurea in medicina. Poi ti dedicherai a creare opere di divulgazione scientifica a fumetti – in questo caso la scienza medica – tipo Logicomix di Apostolos Doxiadis e Christos H. Papadimitriou?
La divulgazione scientifica mi appassiona molto e credo sia una via di rivoluzione sociale perché permette ai cittadini di costruirsi le basi per compiere scelte più oculate e consapevoli su questioni che non solo hanno ricadute sulla salute individuale ma anche pesanti implicazioni collettive. Nel dettaglio poi ho da sempre un grande interesse per l’educazione sessuale e credo che a un certo punto tutte le mie passioni confluiranno in un nuovo progetto. Forse non in una produzione fumettistica, ma sicuramente si tratterà di qualcosa che mi permetterà di usare la mia dialettica per condividere informazioni utili con gli altri.
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