(Bloody Sound Fucktory/Wallace Records 2014)
Tra gli Stati Uniti d’America più rurali e desertici (i grilli di Big Eye) e le afasiche periferie italiane (occidentali? Senti Marte e le sue lamiere): in queste vaste lande si muove agilmente Mattia Coletti – già tanta roba, come Sedia per esempio – ovvero nei sei brani di “Moon”. Non siamo invece nello spazio, anche se On The Moon potrebbe essere un buon sottofondo per la diretta “chic” di un allunaggio – e la voce di Simon Skjodt Jensen fa tanto Syd Barrett (e aggiungiamo l’Inghilterra). Le sei corde e le manipolazioni elettroniche di Coletti sono amalgamate con indubbio pregio e producono momenti di buona godibilità (cfr. Molko, con i “drone sounds” di Matteo Sideri), pur nell’ambito di un prodotto di ricerca; capiamo quindi perché l’anconetano è ben accolto anche in Giappone, per esempio.
Voto: 7
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