(Splasc(H) Records 2014)
Versi e parole che giungon dal 1500, intorno e dentro il concetto
di gabbia.
Costrizione fisica e dell’anima, talvolta, rassicurante
e soffocante fra le pareti che ci costruiamo attorno nel
quotidiano.
D’asciutta efficacia e repressa (sinuosa)
veemenza.
Con la voce che sciolti i legacci che l’ancorano al
testo, diventa rantolo, soffio e memoria, con l’elettronica in tempo
reale che amplia, sdoppia e sovrappone.
Mentre il percuoter di
Barbiero, delinea i contorni perimetrali di spazi angusti, fra
echi, tonfi e strascicamenti metallici.
Neanche l’ombra di un
effimero compiacimento (che par rilucente ma soltanto inutile zavorra
è).
Opera scomoda “Gabbia”, di quelle che
t’azzannano caviglie e cuore, reattiva (realista) e
malinconica.
Senza chieder nessun permesso, appare ed è.
Una
delle migliori produzioni di entrambe gli artisti.
Non sarà
per oggi, che il buio calerà cogliendoci impreparati.
Gran
disco.
Voto: 9
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