(Samo Records 2014)
Di quest’album mi ha colpito il suono, limpido, dell’interazione tra chitarra e fiati (oboe, clarinetto basso, sax soprano e flauto, anche se manca dai credits), la cui cristallinità è probabilmente dovuta all’assenza del basso proclamata sin dal nome del trio. Mi sono piaciuti alcuni temi incisivi, specialmente quelli proposti all’unisono da chitarra e fiati. Ho apprezzato poi l’insistenza su alcuni pedali, che riesce a creare tensione grazie al confronto con i soli, e l’alternanza di dimensioni espressive contrastanti. Come accade per esempio nel primo brano, il lungo Hebe, che comincia con una malinconica melodia interrogativa del sax di Paul McCandless. che pian piano trova qualche certezza e qualche serena risposta, quando il canto del sax diventa un’affermazione più convinta sul solido riff ritmico della chitarra rafforzato dalle morbide percussioni di Roberto Dani. O come nell’ultimo brano, Summer Strawberries, caratterizzato, all’inizio, dall’atmosfera “etnica” generata dal sound del flauto; poi improvvisazioni vorticose della chitarra di Salamon si distendono sul “tappeto” tessuto cellule ritmico-melodiche ripetute dal clarinetto basso e dal contorno percussivo della sezione ritmica; segue un momento meno concitato e più sereno e tranquillizzante, dove la voce del clarinetto canta accompagnata dagli accordi della chitarra e dai colpi soffici, ma decisi, della batteria. Il disco, che in certi casi esibisce con stile venature più swing (che richiamano a volte il suono dei fiati della West Coast) e allusioni al rock, non è animato dalla vis esplorativa di altri lavori di Salamon, ma si fa ascoltare ed è a tratti (benché mai troppo) coinvolgente.
Voto: 6
Alessandro Bertinetto