(Innova 2015)
La poetica del giovane compositore Dan Román, per come emerge dall’ascolto di queste opere per duetti o trii, può dirsi improntata alla ricerca di un connubio, senz’altro riuscito, tra, da un lato, un’estetica del quotidiano, una celebrazione della vita ordinaria e ordinata messa in atto dal ricorso a una ripetizione discreta, una pulsione ritmica costante di stampo post-minimalista – che laddove si intensifica e si fa più serrata ci trasporta in scenari metropolitani –, un melodiare espressivo e consonante (talvolta modaleggiante); e, dall’altro lato, un realismo magico di ascendenza sudamericana, evocato da influssi folkloristici che talvolta sono trasfigurati in tessiture rarefatte e quasi astratte, squarci melodici più ampi e introspettivi, sonorità ricercate e trasognanti. Caratteri, questi, che raramente si incontrano, essendo piuttosto sviluppati in movimenti o sezioni contrastanti dei singoli brani, e che richiedono, per essere resi, una notevole precisione e una certa dose di swing da parte degli esecutori; qualità di cui i bravi musicisti chiamati in causa di certo non fanno difetto. È anche grazie a loro che la musica di Román coglie nel segno.
Voto: 6
Filippo Focosi