(Behold The Ruins Records 2014)
Volete un disco che faccia incazzare vostra nonna tutta rosari e santini, o il vostro parroco che vi intima di non fare pensieri impuri, quando invece voi andate in chiesa solo per godervi la sfilata di cielline in leggins che accorrono all’eucarestia? E magari, vista la crisi e il bisogno di promuovere prodotti nostrani, volete evitare di dare soldi a quei Norvegesi truccati da demoni dal fiammifero facile? Benissimo, abbiamo qui un prodotto made in Italy perfetto per le vostre esigenze: il nuovo, brutale lavoro dei piemontesi Loimann.
‘Drowing Merged Tantras’ è un disco senza fronzoli, diretto e prepotente, praticamente un bullo che si può permettere di fare la voce grossa anche con band americane e inglesi che si muovono tra i territori del metal più scuro e dilatato. Questo perché in questo album c’è un perfetto equilibrio tra elementi doom, sludge e post-metal, che ne fa un lavoro decisamente ispirato, nella composizione come nel sound. Chitarre massicce, ritmiche incalzanti ed un cantato inaspettatamente dinamico per il genere, rapiscono l’ascoltatore riff dopo riff per una descensio ad inferos senza via di scampo. Accattivante inoltre il contrasto che si crea spesso all’interno delle tracce, tra pieno e vuoto, tra minuti di selvagge distorsioni e brevi momenti di dark ambient, in piena continuità con la lezione impartita da band come Neurosis e Isis. Poi, è sicuramente da apprezzare la pulizia del suono presente in questo disco, cosa veramente rara in una branca del metal che trova lontana origine lungo le rive del Missisipi quasi 30 anni fa, quando un mix letale di birra, metamfetamine e vinili di Melvins e St.Vitus, spinsero dei cazzoni con la barba ad alzare il volume delle loro chitarre dalle accordature più basse dell’inferno, fino a far piangere tutte le statue della Madonna dalla Luisiana al Texas, con ritmiche più lente di un film polacco in bianco e nero del primo ‘900. E se avete presente ‘In The Name Of Suffering’ degli EYEHATEGOD ci siamo capiti. Ma come si diceva pocanzi, i Loimann vanno ben oltre i cliché di un genere ormai trito e ritrito come il doom o lo sludge, trovando la loro via e dimostrando che l’attuale scena underground del triangolo magico piemontese c’è e spacca di brutto.
Piccola avvertenza per tutte le nonne dall’Ave Maria facile: nel disco troverete due estratti di interviste, una all’esorcista Padre Gabriele Amorth, e, per par condicio, un’altra ad Anton Lavey, fondatore della Chiesa di Satana. Dunque vi prego, non scandalizzatevi; io non lo faccio e col disco dei Loimann me ne vado a cielline in leggins. Buon ascolto.
Voto: 8
Davide Giustozzi
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