(Amirani Contemporary 2014)
Tre lavori prodotti in luoghi diversi (Messico, UK, Belgio) di Dario Palermo compaiono in questo album di carattere sperimentale: l’elettronica real time si combina in RO – Premiére danse de la Lune (2012) con le percussioni di Milo Tamez, in The Difference Engine (2010-2011) con il quartetto d’archi amplificato (qui è all’opera l’Arditti String Quartet e il mezzo soprano (Catherine Carter) e in TRANCE – Five abstract stations (2009) con la voce tenore di Jean-Michel Van Schouwburg. Nella sua riflessione filosofica pubblicata nel ricco libretto del cd Paolo Valore si chiede se e in che senso quella che ascoltiamo qui possa essere definita ontologicamente come musica. Non credo che questo sia qui un problema ormai. Molti (certo, forse non tutti) sono ormai abituati a intendere come musica lavori rumoristici e sperimentali d’ogni sorta (ne parlo ampiamente nel primo capitolo del mio ‘Il pensiero dei suoni. Temi di filosofia della musica’, Milano, Bruno Mondadori 2012). La questione mi sembra essere un’altra: non ontologica, ma semmai estetica, valutativa. Che criteri usare per valutare questi prodotti dell’ingegno umano? Si tratta, credo, di tendere bene orecchie e intelletto (e gusto, ovviamente). Per quanto riguarda la prima traccia Valore ha ragione: la combinazione tra il primitivismo (molto abile e curato negli aspetti timbrici) delle percussioni e l’“astrazione rarefatta della formalità concettuale” della composizione è la chiave per apprezzare questa musica. Mentre per le altre due tracce sarà utile la lettura delle spiegazioni offerte dallo stesso Palermo. Personalmente, ho apprezzato della seconda più che l’aspetto metamorfico la bravura degli archi e il limpido timbro della voce; nella terza predomina una frammentazione troppo evidente e cerebrale e tra le tre è quella che mi è piaciuta meno (nonostante gli interessanti virtuosismi vocali spesso di tipo percussivo).
Voto: 6
Alessandro Bertinetto