(Pfmentum 2015)
Di nuovo il trombonista/compositore Michael Vlatkovich, di
nuovo alle prese con i versi del poeta Mark Weber.
Quel che
riusciva piuttosto bene nel precedente incontro (“Multitudes
Telepathic”) viene in “Elasticity”, passato ad un
ingrasso che non giova affatto all’insieme.
Trombone, voce
declamante maschile, voce gorgheggiante femminile, sax
tenore/clarinetto, piano e basso (oltre al compositore e lo
scrittore, Carol Sawyer, Steve Bagnell, Lisa Miller
e Clyde Reed).
Dalle parti di una stramba e allucinata
visione quasi da musical jazz/blues, senza leggerezza alcuna, con
ampie zone impro e sbrodolamenti assortiti (la voce di Carol Sawyer
che imperversa stucchevole in ogni dove).
La scarna giocosità
noir del precedente capitolo, sostituita da un complesso apparato
strumentale, notturno si, ma propenso a stimolar notevoli
sbadigli.
Se ne può onestamente far a meno.
Voto: 5
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