(Schraum 2015)
Non mi è facile comprendere perché presentare al pubblico pezzi di pezzi. È come se l’architetto invece di una casa ci vendesse solo i mattoni. Eppure l’inizio, con Apercu, lascerebbe ben sperare, perché qui c’è un’interessante idea di intensificazione cui mette fine un’inevitabile interruzione. Alcune idee poi sono buone. I suoni ci sono, anche qualche buon accordo, anche qualche ritmo. Ma senza un qualche sviluppo, l’ossessione ripetitiva risulta tremendamente noiosa, già sentita, e a volte davvero fastidiosa. Restiamo sempre in attesa che qualcosa succeda, ingannati da effimeri episodi che puntellano le invarianze. Sì, va bene, diciamo pure che è minimalismo sperimentale. E che l’arte non può fare a meno di sperimentare. Ma con juicio! Neanche del juicio l’arte può fare a meno, neanche il minimalismo. Ma magari è che il mio giudizio è troppo negativamente influenzato dal rumore insopportabile di Impasto, appunto un indigeribile impasto di rumori, e da Samisdat: due accordi di chitarra, uno per cassa, che si alternano uguali a se stessi per quasi cinque minuti. Un incubo.
Voto: 4
Alessandro Bertinetto