(Ravello 2016)
Le sinfonie da camera di Douglas Anderson si muovono sul solco tracciato più di un secolo fa da Arnold Schoenberg, maestro indiscusso del genere, che con le sue due sinfonie da camera ha raggiunto uno degli apici della sua illustre carriera. Da questi, Anderson riprende l’uso ancora non costrittivo della serie dodecafonica, che serve più che altro a organizzare il materiale melodico e armonico, senza che ciò impedisca all’Autore di maneggiarlo con una certa dose di libertà, che nel caso di Anderson si manifesta nella fluidità del discorso ritmico e nell’eleganza della tessitura contrappuntistica, talvolta densa ma pur sempre intellegibile. Proprio questa dimensione conversazionale giustifica l’aver usato una siffatta denominazione per un organico che in realtà non supera i quattro elementi (flauto, clarinetto, violino e violoncello) nella seconda sinfonia, a mio avviso la più convincente, e scende a tre nella terza e nella quarta (in quest’ultimo caso, si tratta del classico trio per pianoforte, violino e violoncello). Ottima prova interpretativa degli ensemble che si alternano nell’esecuzione, vale a dire Eight Strings & A Whistle e di.vi.sion.
Voto: 6
Filippo Focosi