Paolo Tarsi Intervista

Intervista al compositore Paolo Tarsi.

13/06/2016:Paolo Tarsi è un giovane musicista sperimentale marchigiano conosciuto per fortunose vie traverse, grazie all’interessamento del negozionante “procacciatore di dischi di fiducia” della mia città. L’ascolto dell’album, un lucido viaggio che rimanda a “suoni e visioni altri”, di seguito l’idea dell’intervista. Due passaggi conseguenti: domande e risposte, ulteriori spunti alla conoscenza dell’arte e del pensiero di Paolo Tarsi, aggiungeteci anche la musica e completate l’opera.

1. Quali sono le tue origini come musicista? In particolare come è nata l’idea di suonare il pianoforte? Perché hai scelto questo strumento?

In famiglia si respirava aria di musica, è stato naturale avvicinarsi al mondo dei suoni fin da bambino. La scelta è ricaduta sul pianoforte perché è lo strumento che ritenevo più completo e su cui ho iniziato presto a scrivere quasi per gioco, anche se molto seriamente, le mie prime note.

2. Come nascono i tuoi brani? A chi ti ispiri quando componi? Quali sono i tuoi “cattivi maestri”?

Parafrasando Tullio Pericoli, secondo cui “la pittura è sempre fatta di altra pittura”, mi verrebbe da dirti che anche la musica è sempre fatta di altra musica. Per questo, anche se i miei punti di riferimento sono innumerevoli e molto differenti tra loro, si tratta sempre di un rubare senza imitare. Del resto, come insegnava Italo Calvino, nei confronti di un grande autore a cui ci si sente particolarmente vicini bisognerebbe praticare la forma più violenta del rubare: il furto con scasso. Ma, cosa ancor più importante, ho cercato di fare tesoro delle mie esperienze passate riproponendomi di non registrare nulla finché non avessi avuto ben chiaro in mente un percorso da condividere con gli ascoltatori. Credo di aver mantenuto questa promessa.

3. Parlami della tua esperienza con il compositore premio Oscar Luis Bacalov.

Ci siamo incontrati quando stavo ultimando le musiche di “Furniture Music for New Primitives” che grazie anche a lui ho concepito quasi come una colonna sonora per un film immaginario, nello specifico sulla struttura del romanzo “Le città della notte rossa” di William S. Burroughs. E forse non è un caso se alcuni di questi brani, che si legano molto bene alle immagini, in seguito sono stati scelti per accompagnare un breve documentario dedicato all’artista Loreno Sguanci.

4. Il tuo album ‘Furniture Music for New Primitives’ è uscito per la Cramps, etichetta storica che fin dagli esordi si è dedicata a promuovere la musica di ricerca. Come è nata questa produzione?

In maniera del tutto inaspettata. Semplicemente prima di un nostro concerto, quando avevamo già terminato le registrazioni del disco, Paolo Tofani mi suggerì di proporlo alla Cramps per la collana POPtraits Contemporary Music Collection.

5. Nell’album sono presenti tantissimi ospiti da Paolo Tofani, da te citato nella precedente risposta, a Enrico Gabrielli. Come hai scelto i musicisti per il tuo album?

Avevo avuto modo di conoscere Enrico in Trovarobato, lo colpì un mio brano e mi chiese di scriverne uno per lui e Sebastiano De Gennaro. Averli entrambi in questo disco è stato veramente un bel regalo, è per loro che ho scritto Cluster #2. Lo stesso è accaduto con Paolo, dopo esserci conosciuti è stato spontaneo fare musica insieme. Ad ogni modo ci tengo a precisare che tutte le collaborazioni di questo progetto sono state per me molto significative, ritengo la scelta stessa dei musicisti con cui lavorare un elemento fondamentale del comporre, proprio come un regista sceglie i suoi attori.

6. Hai avuto moltissime critiche positive dalla stampa specializzata. Come hai reagito alle recensioni?

I critici svolgono un ruolo importante e delicato, selezionare tra la moltitudine delle uscite le proposte da valorizzare, suggerendone l’ascolto anche a chi non segue particolarmente da vicino il mondo della musica. Sono felice che questo progetto sia stato accolto positivamente, l’ho pensato senza avere la falsa pretesa di rivolgermi a tutti ma sapendo al tempo stesso di poter dialogare con un pubblico che va ben al di là del mondo ristretto dei soli addetti ai lavori.

7. Con chi vorresti collaborare in futuro?

In realtà mi piacerebbe registrare dei brani in completa – o quasi – solitudine, proprio come Lenny Kravitz, Phil Collins o il compianto Prince. In attesa di quel giorno, che vedo ancora lontano, sono alla ricerca continua di musicisti a cui affidare l’esecuzione della mia musica. Nel mentre può anche capitare di essere chiamati per lavorare con artisti che hai sempre amato e di cui ti scopri improvvisamente collega. È così che mi sono ritrovato a scrivere per Miro Sassolini (Diaframma) insieme a Gianni Maroccolo (Litfiba, CSI) un brano dal titolo L’attesa del canto su un bellissimo testo della poetessa Monica Matticoli.

8. Come vedi la scena musicale italiana?

Nel sottobosco prendono forma cose molto stimolanti, per il resto mi sembra si tratti di patina e streaming, proprio come la politica della nostra epoca.

9. La classica domanda finale a cui non ci si può esimere: come vedi il tuo futuro, musica, organizzazione di eventi, tutto il resto?

La percentuale di dischi messa sul mercato di cui non si sente la necessità continua ad essere molto alta, per questo se scoprirò di non avere più nulla da dire sceglierò il silenzio. Per quanto riguarda l’organizzazione di eventi è qualcosa in cui mi sono speso molto, ma è indispensabile un interplay leale con chi amministra i territori. Anche per questo è necessario sentirsi rappresentati da una classe politica che abbia come minimo una visione, una prospettiva in grado di proiettarci nel futuro. Ma non vorrei generalizzare, mi riferisco a una città ben precisa che in un solo anno ha perduto lo slancio culturale verso cui si era felicemente avviata nelle stagioni precedenti. Speriamo si possa voltare in fretta questa pagina triste che proietta ombre scure sulla Spiaggia di Velluto.

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