Ryan Choi ‘Three Dancers’


(Accretions 2016)

Ryan Choi è compositore, improvvisatore, multistrumentista. Prestazioni policromatiche quelle che fuoriescono dalle mani di questo giovane musicista delle Haway alla sua prima uscita, il cui pallino è non tanto destrutturare, ma piuttosto disturbare la tonalità madre, originaria del suo ukulele baritono mediante una preparazione particolare e delle stuzzicherie elettroniche, piuttosto ardue da recepire nell’economia generale dell’opera. Ciò che sgorga da “Three Dancers” sono tre improvvisazioni non prolisse (la più lunga Apollon at Eros dura 9:12 minuti) imbottite da un groviglio di suoni tronchi e scarni, in cui il taglio ferrigno conferito alle corde copula con un piglio ritmico geneticamente euforico, iper-scattante e primitivista. Sembra di sintonizzarsi dalle parti di uno stralunato Eugene Chadbourne che imbraccia l’ukulele per frullarlo alla maniera di una Epiphone Emperor, secondo le geometrie astratte di Derek Bailey. Direi piuttosto interessante proprio l’ascolto di Apollon et… dove al singhiozzare delle corde si sovrappongono dei sussulti ritmici che vanno a cozzare perfettamente i giochi armonici del nostro. Peccato il taglio troppo fugace del lavoro, da singolo, in cui si percepisce quel senso d’incompiuto e di non detto che ci auguriamo venga sorpassato alla prossima uscita, con un disco casomai più lungo nei tempi e più eterogeneo nelle scelte d’azione.

Voto: 6

Sergio Eletto

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