(Samo Records 2016)
Anche questo disco (live) testimonia come Samo Salamon sia ormai diventato una figura rappresentativa del jazz europeo contemporaneo. Con coerenza il chitarrista sloveno insiste, questa volta in compagnia di John Hollenbeck alla batteria e Julian Arguelles ai sax soprano e tenore, sulla formula agile del trio senza basso, che gli consente una scrittura musicale a lui congeniale, molto attenta alla costruzione melodica e ritmica e alla combinazione dei timbri, e tale da consentire un incastro ben definito di improvvisazione e composizione. Articolando in modo limpido il contributo individuale dei singoli musicisti all’insieme dell’esecuzione, questa musica si presenta come un progetto dalla ben calibrata (non gratuita) natura sperimentale, che alterna brani più movimentati (Soundgarden, dove la distorsione della chitarra, il sax spinto freneticamente fino ai sovracuti e il vigore percussivo della batteria generano atmosfere oscillanti tra l’hard rock e il free jazz) ad altri riflessivi, senza smarrire mai una salutare tensione (si ascolti per esempio la, almeno inizialmente, dolce song Moonless, dove sull’arpeggiare della chitarra il sax soprano dipinge il suo canto, sorretto in modo non invadente dalle percussioni). Ma compaiono anche casi interessanti di ambiguità espressiva, come in Drop the D e, ovviamente, non poteva mancare uno dei marchi di fabbrica di Salamon: l’utilizzo di ostinati ritmico-melodici incalzanti, da e su cui prende poi il via l’assolo (qui lo si può ascoltare, tra l’altro, in Seagull in Maine).
Voto: 10
Alessandro Bertinetto