(Sono Luminus 2016)
L’immagine del grande occhio che campeggia nella copertina di questo doppio imperdibile Cd della Sono Luminus, sebbene si riferisca con ogni probabilità al brano che dà il titolo all’album, può essere usata come metafora della musica di Philip Glass, specie quella qui eseguita dallo straordinario pianista Bruce Levingston. In tutte le composizioni che ci vengono offerte − e che coprono uno spaccato assai significativo della produzione pianistica del nativo di Baltimora, soprattutto attraverso una nutrita selezione degli Etudes a cui si è dedicato a più riprese negli ultimi vent’anni della sua prolifica attività – è evidente la svolta che il Nostro ha intrapreso a partire dagli anni Ottanta, optando per un linguaggio meno ossessivo e cerebrale e più votato all’introspezione espressiva. Eppure, è come se le emozioni, da quelle più gioiose a quelle (più frequenti) tendenti al malinconico e talvolta al drammatico – veicolate dai soavi archi melodici, dagli accordi ora declamatori ora discreti e rarefatti, dalle sottigliezze armoniche (marginali nel primo Glass) – siano spogliate degli accenti più estremi, per essere osservate da una prospettiva di superiore saggezza dalla quale ci appaiono come manifestazioni inevitabili della finitezza umana. Questa sorta di auto-coscienza musicale prende forma nelle geometrie sferiche, nelle simmetrie circolari, nel consueto andamento circolare del fraseggio melodico e ritmico. Non siamo ancora, però, nel regno dell’ultraterreno: l’amor fati che la meta-musica Glassiana, con la sua qualità senza tempo, sembra incarnare, lungi dall’essere il frutto di atteggiamento distaccato, oscilla ancora tra le tonalità emotive della rassegnazione e della serenità. Di questa duplicità di livelli è ben consapevole Levingston, il quale sa quando e quanto dar respiro agli accordi, far emergere il disegno melodico, esaltare il motorismo ritmico, in virtù di un tocco squisito, di senso dello spazio, di pathos drammatico e di una visione d’insieme che ne fanno interprete ideale di questi intensi lavori.
Voto: 10
Filippo Focosi
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