(Innova 2016)
Il compositore americano Neil Rolnick (nato nel 1947) è noto, agli aficionados della Innova ma non solo, per aver sempre perseguito una musica tecnologica, ma con un anima comunicativa, profondamente umana. Pur avendo studiato con Pierre Boulez, Rolnick (come lo stesso compositore francese, con un certo sarcasmo, ebbe a dirgli) era “troppo americano”: nel senso di troppo votato a un approccio “popular” che, in realtà, si tramuterà nella sua forza (vi consiglio di leggere a tal proposito l’intervista realizzata da Frank J. Oteri, messa a disposizione nel sito della Innova, con tanto di video di alcune performance musicali). Forte di un solido background di studi nella classica e nella contemporanea più sperimentale, ma anche di un trascorso giovanile in qualche rock e jazz band, il Nostro ha messo a punto, negli anni, una musica sofisticata, che si avvale di avanzate tecnologie e sistemi compositivi all’avanguardia, ma allo stesso tempo riesce ad essere godibile e intrigante sin dalle prime battute. In due dei brani qui presentati, l’onnipresente laptop computer di Rolnick prende a prestito alcune canzoni folk, per deframmentarle in un gioco di specchi e rimandi che mai ci fanno perdere contatto con i temi delle songs rielaborate. Nei tre lunghi brani dove Rolnick dialoga con strumenti acustici (si tratta infatti di un doppio CD), al solista di turno − Ted Nash al sassofono, Ashley Bathgate al violoncello e Kathleen Supové al pianoforte: tutti e tre davvero sensazionali − è richiesta una continua interazione (e in certi momenti anche una buona dose di improvvisazione) tanto con i cangianti scenari elettronici disegnati da Rolnick, quanto con i campionamenti di ciò che egli (il solista) suona e che vengono continuamente processati, definendo trame contrappuntistiche di notevole complessità ma anche di luminosa, geometrica chiarezza. Attraverso melodie accattivanti, tecniche di sfasamento e di addizione sonora, sezioni ritmiche scattanti e ricche di groove, Rolnick riesce ad attraversare stadi emotivi diversi, ma sempre con un inconfondibile senso dell’ironia che non sarebbe forse piaciuto a Boulez e compagnia, ma che a chi scrive garba moltissimo.
Voto: 8
Filippo Focosi