(Cuneiform Records 2016)
La premessa obbligatoria è che chi scrive, di certo per suo demerito, non comprende a pieno le gioie dell’industrial e del noise; motivo per cui la sostanziale estraneità non facilita il giudizio. D’altra parte, un ascolto ‘vergine’ avrebbe dalla sua parte altri vantaggi e potrebbe scoprire elementi d’interesse che altrimenti passerebbero sotto silenzio. Purtroppo, non è questo il caso. La chitarra di Richard Pinhas, l’elettronica di Masami Akita e la batteria di Tatsuya Yoshida danno vita a un lavoro ricco di atmosfere apocalittiche e angoscianti ma in ultima analisi monotone e poco interessanti. Quattro tracce (Intro, Core Track, Non-Sens, Quiet Finale) a comporre un paradossale caos stazionario: un gran dispendio di mezzi e di energie (soprattutto per il batterista!) per un sostanziale nulla di fatto. Gusto dell’improvvisazione, citazioni dotte (il titolo riecheggia un’opera del 1929 del filosofo e matematico Alfred North Whitehead), ispirazione fantascientifica e suggestioni catastrofiche non salvano dal pericolo della noia (che, più dell’angoscia, costituisce la tonalità emotiva principale del lavoro). Salviamo il finale, una sperimentazione meditativa dalla doppia natura, in cui la dilatazione dei suoni elettronici trova la propria nemesi nelle incessanti scorribande della batteria e invade poi tutto il campo, sollevando l’ascoltatore verso lo spazio profondo. Ma non basta.
Voto: 6
Stefano Oliva
Cuneiform Records Bandcamp Page