(Innova 2016)
A fare tutto, in questo album, è Mick Rossi: pianoforte, piano preparato, farfisa, harmonium, batteria, percussioni, campane, ecc. ecc. Caratterizzata da un basso potente, avvolgente e insistente, da percussioni sostenute e ricorrenti, dagli accordi distorti della chitarra elettrica, da melodie saltellanti e da sprazzi di luce sonora, la musica, scritta per il documentario Albi’s Oboe, procede per costruzione progressiva, quasi senza soluzione di continuità tra le varie tracce, con un incedere che non concede tregua. Molti sono gli strati degli strumenti coinvolti e, in certe occasioni, il tutto prende una connotazione quasi bandistica. Ma è ovviamente solo una citazione e il tono generale è piuttosto quello di un minimalismo arricchito, se così si può dire: un minimalismo che quindi non è tale, perché infarcito di molte variabili, soprattutto a livello di architettura strumentale. Forse, però, la monotonia prodotta dal basso continuo (nel senso che si tratta di un basso che non smette di pulsare aggirandosi sulle stesse note) finisce per essere vissuta come una nervosa mancanza di riposo: una mancanza di riposo che, dopo un po’, risulta stancante. Il che è praticamente una tautologia.
Voto: 6
Alessandro Bertinetto