(Boring Machines 2017)
Il secondo lavoro solista del chitarrista Cristian Naldi (in
Fulkanelli, Ronin, l’ensemble Byzantium Experimental
Orchestra e Mise En Abyme), è più che
spesso, un grumo emotivo lasciato a intorpidir nel chiaroscuro di una
foresta baciata dalla brina. Improvvisazioni, composizioni
originali e rilettura di classici (Arvo Part, Gabriel
Fauré, Dmtri Shostakovich, Henryk Gorecki),
accostati l’un l’altro con pregevole sensibilità.
Un’insieme cupo e notturno, da giorno dopo l’ultimo giorno, a contemplar spazi
vuoti e rovine, con più di un ricordo di voci a ossessionar l’anima.
Musica materica, che evoca legnami accatastati e odore di
fumo in ogni dove, il cielo al tramonto un sudario steso con
noncuranza. Che si torce e strappa come un blues arcaico, si
specchia e rifulge fra gli splendidi field recordings offerti da
Giovanni Lamis, in distorsione, minuetta fra umane debolezze e
miserie, a braccetto con Fiè della Fuzz che
samplerizza la Magnani e Citti, per poi disperdersi in
un ansiogeno requiem cameristico/pagano in due atti con l’ensemble
Byzantium. Di ragguardevole diversa bellezza.
Voto: 8
Marco Carcasi