(Cuneiform Records 2016)
Non c’è dubbio che il livello dei musicisti coinvolti in questo disco sia molto alto. A completare il quartetto dei due leader Richard Pinhas (chitarre, elettronica) e Barry Cleveland (chitarre, sitar) sono Michael Manring (basso) e Celso Alberti (percussioni). Una band di tutto rispetto, dunque, i cui componenti hanno attraversato i generi più diversi, dal rock all’improvvisazione sperimentale. Una tale varietà trasgenere è ascoltabile anche nel disco. Eppure il tono generale è senz’altro quello di una musica dalle atmosfere ambient, radicata nell’ideale fusione di improvvisazione e pratica zen. Il che emerge anche nel titolo della terza traccia Zen/Unzen, che, a mio avviso, è l’episodio più significativo di tutto l’album. Si apre con suoni acuti della chitarra distorta, presto accompagnata da lunghi tappeti sonori generati dalle chitarre e dall’elettronica e da riff puntuali del basso. Ma all’improvviso esplode l’assolo della batteria che poi sfuma in uno swing insistito che, insieme al basso, regala un pizzico di nervatura energetica allo sfondo sonoro tagliato qua e là da melodie evocative degli strumenti solisti e dalla vena solista del basso. Le altre composizioni sono lunghe costruzioni ambientali, che spesso richiamano mistiche atmosfere orientaleggianti o aprono scenari sullo spazio siderale. A mio avviso con troppa insistenza. Ma è una musica da/di sfondo, che, credo, potrebbe proficuamente sviluppare le sue potenzialità come colonna sonora di un film.
Voto: 6
Alessandro Bertinetto