(Pomperipossa 2017)
Una pulsazione, continua e ipnotica, field recordings quasi
tattili in plumbea stratificazione incombente, schianto e
dissolvenza. Squarcio blu, archi in fase di allungo, rintocchi e
torsioni metalliche, introversioni folk da camera Constellation,
schianto e dissolvenza. A girar di lato. Folate di synth
modulari, onde corte, balbettanti voci nel buio in montaggio, masse
elettriche in disgregamento ad alta frequenza, reiterate a oltranza
su movimentazioni arcaico/acustiche e rattrappimenti organici.
Schianto. Un piccolo e sottile loop orchestrale, qualche detrito amplificato.
Sul finir del viaggio, a riallinear corpo e coppino, l’inattesa esecuzione di un’intensa frase pastorale screziata di Eno. Il duo di Los Angeles (Mark Van Hoen / Mike Harding), organizza e monta il tutto, avvalendosi di
una nutrita schiera di contributi strumentali illustri (Paul
Haslinger, Philip Jeck, la boss label Anna Von
Hausswolff), calibrando egregiamente gli eventi acustici,
all’interno di strutture compositive in sviluppo non caotico, di seducente rarefazione minimalista. Nell’ambito di una sensibile e
introversa visione ambient/elettroacustica, d’incrocio fra analogico
e digitale, d’oggettistica babelica controllata e il circostante in
fase di rientro organizzato, azione istantanea e il post di memoria
in cut-up, all’oggi in cui scrivo, la sua bella figura non fatica a farla.
Voto: 7
Marco Carcasi
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