(Aut Records 2016)
I musicisti chiamati a cooperare con il percussionista-compositore Florian Chaigne nel suo work sulla lunga distanza per Aut sono 7, si adoperano dislocandosi nello spazio come tante cellule, generano insolite combinazioni strumentali il cui leit motiv sarà il libero dialogo con il nucleo percussivo s-mosso dal nostro, unica presenza costante che, più d’una volta, si farà notare anche per delle creative parentesi soliste. Dal canto suo le formazioni proposte, non superando la forma del trio, contribuiscono ulteriormente a designare il carattere puntiglioso e di ricerca insito in Chaigne. Un itinerario di (il)logica composizione, 17 bozzetti d’improvvisata costruita interscambiando strumenti e fantasia: si parte dal solismo metafisico di Gongs e Misses Bells, silente e radente intro la prima, in odore di articolato discorso ritmico via Max Roach “Drums Unlimited” la seconda; dopodiché la massa inizia a farsi densa, ritmicamente pindarica con Svalbard, tensione free dipinta con furore gettandoci in faccia l’alto sax di Elie Dalibert e il trombone di Alexis Persigan, quest’ultimo impegnato anche dopo nel supportare con Chaigne il reading mucho new thing di Taran Singh in Gold Fish, presente con la sua lirica radicale anche durante lo swingante duo con la batteria di More Whore, e nella scartavetrata Bad Man, dove a farla da padrone sono le distorsioni dell’elettrica di M. Lagraula, in trip deciso verso il T. Moore più cattivo e bruciante. A Florian piace quindi respirare a pieni polmoni l’aria libertaria dell’improvvisata, pescando da questo mondo colorato sia focosi rimandi della scuola radicale dei ’70 (a tal caso è meraviglioso ascoltare l’esplosione solista di Mangrove, vicina per impeto al grande M. Graves, oppure la brotzmaniana Varaha, con massiccio connubio tra sax alto e baritono) sia elaborando contenuti e trame più contemporanei. Se questo è solo l’inizio di un percorso, figuriamoci il prosieguo. Avvincente.
Voto: 7
Sergio Eletto