(Matador Records 2017)
Avevo amato follemente i Queens of the Stone Age (o più semplicemente QOTSA) ai tempi del loro capolavoro ‘Songs for the Deaf’ del 2002. Poi ero rimasto parzialmente deluso, o comunque non del tutto convinto, dal successivo ‘Lullabies to Paralyze’ del 2005 e dunque confesso che li avevo un po’ persi di vista nelle loro successive prove discografiche, pur avendo apprezzato molto i Them Crooked Vultures, progetto parallelo del 2009 del chitarrista e cantante dei QOTSA Josh Homme con Dave Grohl alla batteria e il prof. dott. John Paul Jones a basso e tastiere. Pertanto, mi sono avvicinato all’ultima prova discografica dei QOTSA, ‘Villains’ del 2017, con una certa riluttanza e timidezza, e, onestamente, anche con qualche pregiudizio iniziale che ha rischiato di viziare l’ascolto del disco. I miei dubbi vertevano soprattutto sulla capacità o meno di rinnovarsi e rigenerarsi da parte di un musicista, Homme, che aveva già lasciato tracce importanti della propria creatività con i Kyuss, mitica band per chiunque sia stato adolescente negli anni ’90 e non si sia fatto rimbecillire a quel tempo da brit pop & simili, e poi anche con i QOTSA. La formula dei riff di chitarra aggressivi, martellanti e ripetuti, con una batteria ‘quadrata’ johnbonhamiana, le distorsioni pesanti e il ben riconoscibile cantato di Homme per metà urlato e per metà melodico, poteva avere ancora qualcosa di originale da dire? – questa era la domanda che avevo in mente inserendo il cd nell’impianto stereo. Bene, la risposta che fornisce ‘Villains’ a una tale domanda non è né del tutto un sì né del tutto un no, nel senso che la risposta sembra semmai consistere in un cambio di prospettiva. Infatti, i riff aggressivi, martellanti e ripetuti, quelli sì, ci sono sempre, sono un po’ il marchio di fabbrica della band e anche in questo disco si rivelano efficaci e coinvolgenti, e al concerto bolognese dei QOTSA del 4 novembre scorso hanno fatto ballare e saltare non poco me, Luca e Ludovica (imbattibile in tal senso è ad esempio Head Like a Haunted House). Ma c’è anche dell’altro, che ascolto dopo ascolto si rivela progressivamente e dischiude forse un nuovo volto dei QOTSA. Ci sono infatti ritmiche che sanno alternare l’abituale durezza a un approccio più soft al drumming e anche a un maggiore senso di mobilità nello spostamento degli accenti, con la tendenza a retrocedere un po’ sullo sfondo nei brani più soffusi come Fortress e Villains of Circumstance. E c’è poi un cantato che mai è stato così esplicitamente melodico, con Homme che nei brani appena citati e anche in altri non esita a concedersi qualche falsetto (peraltro abbastanza ispirato, va aggiunto). E c’è infine un uso molto presente, per nulla occasionale delle tastiere, a costruire atmosfere che tendono a volte alla rarefazione per lasciare poi il posto alle sempre incisive chitarre, e c’è anche una volontà di flirtare in alcuni brani con soluzioni sonore apertamente ballabili, con effetti che all’inizio sono forse un po’ spiazzanti ma alla fine si rivelano vincenti, come nel singolo The Way You Used to Do. Su tutte, comunque, spiccano a mio avviso Feet Don’t Fail Me, Domesticated Animals e The Evil Has Landed: brani in cui la ‘nuova sintesi’ che forse i QOTSA stanno cominciando a sperimentare sembra essere riuscita meglio e fa ben sperare per il disco che seguirà prima o poi a ‘Villains’, soprattutto qualora Homme dovesse riuscire a resuscitare per una nuova collaborazione alcuni suoi partner storici come Mark Lanegan o il già citato Grohl: se ciò accadrà, siamo sicuri che ci sarà da divertirsi.
Voto: 8
Stefano Marino
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