(Alpha Classics 2017)
Poco più che ventenne, Filippo Gorini ci regala un esordio senz’altro fuori dal comune. Non solo per la scelta di consegnare all’ascoltatore una muraglia interpretativa come le Variazioni Diabelli di Beethoven, quanto per l’assoluta capacità di restituire la frastagliata e contraddittoria complessità di questa pagina. Gorini riesce a governare le sue scelte esegetiche con grande nettezza e padronanza di idee: il principio di trasformazione del materiale, che informa il Beethoven dello “stile tardo”, è reso attraverso una caratterizzazione sempre finissima delle dinamiche, con una capacità di analisi del dettaglio che non può non stupire.
Ne emerge una rappresentazione davvero interessante di questo grande organismo compositivo, che non a caso il giovane pianista – autore delle note di accompagnamento al disco – definisce alla stregua di una grande commedia umana. Si consideri, tal proposito, il modo in cui Gorini pensa l’intero ciclo, allestendo confronti, sinergie, collegamenti tra una variazione e l’altra, eppure esaltando sempre il carattere unitario, come avessimo a che fare con una metamorfosi sempre cangiante, sempre esplorativa e penetrante, aperta al possibile, eppure organica, a suo modo chiusa, totale.
Era da tempo che non ascoltavamo un pianista così consapevolmente attraversato dal suo stesso gesto interpretativo. Gorini sa cogliere le ambivalenze della forma e le restituisce con una chiarezza fuori dal comune. E oggi, nel contesto del pianismo internazionale, un simile procedere non è scontato.
Voto: 10
Marco Gatto