(Autoproduzione 2017)
All’inizio suona quasi blasfemo scoprire tra le muse ispiratrici dei Wyatt E. pionieri della materia-etnica quali Nusrat Fateh Ali Khan e Master Musicians of Jajouka, ma poi ci accorgiamo che l’anelito, dopotutto, non è così fuorviante. In fondo il trio, formato sull’asse Israele-Belgio, modella la sua indole principale attraverso gli stilemi combat del black-rock lento, slabbrato e terribilmente ripetitivo, ma lo fa a modo suo: architettando una personale mistura di oriental-doom, e firmando due lunghe elucubrazioni strumentali in cui confluisce parecchia roba, miscelata insieme con sobrietà, senza inciampare in toni pacchiani e particolarmente vistosi. Quindi passano in rassegna ispirazioni post rock, raga-mood, suoni sci-fi attraverso le iniezioni plastiche del synth, al fianco di chitarra e batteria, inseguendo una scrittura dei brani dal sottile retrogusto prog-ressivo (Nebuchadnezzar II in particolare, lasciando alla successiva Ode to Ishtar un’aura plus ipno-tribal). Loro sono orgogliosi di presentarsi quali fautori di ‘Musica per gli Dei’, noi ci accontentiamo di vedere che si stanno facendo conoscere sempre di più sia in Europa che fuori, compiendo un numero non indifferente di concerti on the road. Auguri di tutto cuore!
Voto: 7
Sergio Eletto