(RV 2017)
Crudo, conciso, color osso di seppia, uno strato di polveri sottili ad impiastricciar
il bianco stint o calcificato.Per l’occasione David Petts
(sax tenore), contrae di brutto e resta in compagnia sol dei fidi
John Edwards al contrabbasso e Adrian Northover al
soprano. La formula minimal/modulare ottenuta, sugg erisce con
persuasiva insistenza, tra figure cameristiche screziate di urbana
nevrosi e soluzioni post-Henry Cow, dalle giacche umide e
gocciolanti di determinata attitudine diy, sulla frontiera di un
livore da apparato industriale in progressivo, malinconico
disfacimento.In pratica, oltre a qualche diste sa di notturni
stridori ritual/ornitologici e un legnar di corde in circolo, tra
gelidi sciancamenti funk e fasi d’archetto con denti di sega,
l’essenza stessa dei Remote Viewers.
Uno dei l oro albummigliori.
Non conoscono (o ben accolgono) ruggine.
Voto: 8
Marco Carcasi