(fmr-records 2017)
È mia personale convinzione che l’intenzione non preceda l’azione, ma si costruisca attraverso l’azione, adattandosi alle specifiche condizioni del suo svolgimento. Poiché un’azione è per definizione improvvisata se non si basa su un piano prestabilito, ma costruisce il piano nel suo svolgersi, l’improvvisazione è l’azione par excellence. Il titolo dell’album di free jazz moderno del trio formato da Peter Kuhn (clarinetti), Kyle Motl (contrabbasso) e Nathan Hubbard (batteria) si confà perciò benissimo a un concetto e a una pratica musicale che fanno leva sull’eccellenza dell’interazione improvvisazionale. I timbri degli strumenti sono perfettamente scolpiti, l’espressività musicale ricca e varia, i linguaggi musicali ben articolati e consapevoli delle tradizioni da cui provengono. Prendiamo per esempio The Stream: qui il clarinetto disegna motivi chiaramente ispirati al blues tradizionale, e su questi motivi si costruisce un interplay in cui in particolare la batteria è libera di volteggiare, per poi lasciare la scena al contrabbasso e alla coda del clarinetto solo. Altrove è il contrabbasso, al lavoro anche con l’arco (cfr. Arise), a disegnare melodie espressive o a marcare incisive figure ritmiche con cui dialogano batteria e clarinetto. L’aspetto più felice dell’album è senz’altro che non presenta punti deboli: la conversazione strumentale è sempre viva, molto varia e sempre “sul pezzo”, in qualunque forma si presenti. I brani hanno titoli accattivanti ispirati alla cultura buddista studiata dal band leader – per esempio, oltre a quelli già citati, Perception De, Intention, The Path, Gift in the Wound – e costituiscono tappe di un unico percorso a tre: un cammino che, senza negare le proprie origini, costruisce la sua strada percorrendola.
Voto: 9
Alessandro Bertinetto