(Glitterbeat 2018)
Ma quale trap, accogli il futuro dal verso giusto.
Nel 2017 dalla valle del Bargou, tra le montagne del nord-ovest della Tunisia,
con il mormorio del mondo tenuto a debita distanza, Nidhal
Yahyaoui e Sofyann Ben Youssef (Ammar 808),
ci recapitano il progetto Bargou 08. Il loro “Targ”
è opera preziosa, capace di coniugar tempo che avanza e
tradizioni in via di estinzione, come poche altre volte è
capitato di udire. Bombe soniche rituali, intrise di sole e
vita. Ora, il producer e musicista elettronico Ben Youssef, si
spinge in territori in gran parte inesplorati (per la nostra
sensibilità anemica). “Maghreb United”, è
esplorazione sensoriale devastante, non più ieri/oggi/domani,
semplicemente oltre. Bassi di gomma e scansioni digitali, tensione
ed elevazione, l’urto delle voci di Mehdi Nassouli (Marocco),
Sofiane Saidi (Algeria) e Cheb Hassen Tej (Tunisia), a
lanciar più di un allarme sul cosa possa accadere quando le
proprie origini vanno in frantumi, non è questione di
rivendicazioni identitarie o quant’altro, non è una semplice
fuga in avanti verso le braccia dell’occidente, non è un volo
radente e superficiale lungo territori sconosciuti. “Maghreb
United”, è speranza, più forte di ogni altra
faccenda, anche se gli occhi bruciano per il vento caldo del
deserto. Flebili contatti con l’arte di Raz Mesinai (per
impatto ritmico) o Pharoah Chromium (per la capacità di
trasportarti con tutte le scarpe dove non sei di casa), ma la visione
di Youssef, si affila le unghie dove la tradizione ci sopravvive,
ricordando che ciò che divide oggi, non è stato mai
richiesto da nessuno. Semplicemente, il futuro che ci permette di
riconsiderar l’avaria del nostro presente. Al volume più
alto possibile, testa e corpo un tutt’uno fremente.
Ovvio che i vicini possano risentirsi, mettetelo in conto e mandateli a fare in
culo. W “Maghreb United”.
Voto: 9
Marco Carcasi