(Super Secret 2018)
Il bassista/contrabbassista norvegese Ingebrigt Håker Flaten
(Thing), nel 2009 si trasferisce nel Texas a seguito della
moglie impegnata in un progetto per l’assistenza alle madri
adolescenti (da qui il nome del collettivo), nel frattempo, si mette
ad armeggiar in duo con la voce e tromba di Jawwaad Taylor in
compagnia di una scalcinata drum machine. Qualche live newyorkese e
poi il ritorno in Texas dove si aggiungono gli altri componenti:
Jason Jackson (sax tenore e baritono/voce), Stefan Gonzalez
(vibrafono/batteria/voce), Jonathan F. Horne (chitarra/voce),
Francisco Rosaly (batteria/percussioni).
Nel 2014 il loro ottimo esordio autoprodotto “A Mothers’ Work Is Never Done”
ed ora questo “Morose”, che affina e rilancia quanto
proposto in precedenza. Profondo e ispirato (free) jazz spirituale
(contemporaneo) da grandi classici.
Ritmiche funk torcicollo, rapping in primo piano, vibrafono in evoluzione (Attica Black), subdoli spazi di disastrato lirismo, che di distorsione in
distorsione inscenano un collasso Arkestra / God
esaltante (Black Tar Caviar), poi via, come orchestra lounge,
sincopata e carezzevole (Francisco), in modalità
devasto grind in Untitled #1 / Jazz Oppression /
Untitled #2, convulso headbanging su detritica elettricità funk (Morose),
una ballad notturna in cerca di una via d’uscita dallo sfacelo
circostante (Osaka), una davvero splendida pop song altra in Shangai (Wyatt,
scorie noise e malinconico rap). Il meglio del 2018 è anche
affar loro. Fatevi velocemente sotto.
Voto: 8
Marco Carcasi
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