(7272 Music 2018)
Uscita più lunga e articolata rispetto alle ultime veloci
sortite cui ci aveva abituato.
Riecco a noi il batterista/percussionista/compositore statunitense
Matt Weston, che in occasione di quest’album 12”,
si concede una performance più distesa e colloquiale.
Siam sempre nell’ambito di un post-disastro elettroacustico che ingloba materia,
elettronica disgregante e qualche registrazione d’ambiente.
Gira che ti rigira, nel secondo lato, lamine metalliche viaggian in circolo tutto
sommato assennato, quando quasi ti par prender bene, una mareggiata
di scorie rugginose ti aggredisce, strapazza un pochino e poi ti
molla di nuovo a fluttuar stridente.
Gira che ti rigira, nel primo lato, se non batto il capo, il percuotente Weston,
si produce in un pacato allungo strato su strato dove azione impro, mormoramenti e metalli sollecitati, viaggian stuzzicati da una pungolante elettronica prima che, un certo sfatto aroma residentsiano,
s’impossessi del tutto. Stai a vedere che al momento questa è la sua opera più accessibile?
Per gente scossa e annoiati cronici.
Voto: 8
Marco Carcasi