(Trasponsonic 2018)
Voce, effetti, pietre e l’archeologia rurale di un paio di nuraghi
ad accoglier le performance. Spazi, impregnati di memorie di
(dura) vita campestre, utilizzati come fonte d’ispirazione/espansione
per una serie di sinistre polifonie vocali, ben oltre l’assalto di un
brivido isolato. Ci son i canti arcaici dissezionati all’infinito,
piccole particole che sputano, soffiano e vibrano, van in risonanza e
si aggrovigliano come un rituale pagano condensato in un atomo d’urlo
libero. Pietra tutt’attorno e terra nuda sotto i piedi, circonda,
trattieni e muta. Delle tre uscite rilasciate sin ora da
MSMiroslaw, senz’altro questa, è la più aderente
al modello base di scuola trasponsonica, ossia, ricerca
etno-antropologica in bruciante e ossessa proiezione futuribile,
spesso opera di recupero scarti, cocce, ruggini assortite e un
tortuoso percorso di riannodo interiore oltre il visionario (Artaud
di sicuro, come pure un approccio art-brut in lisergia
siderurgica). I sensi vigili, fuor dal proprio perimetro
conosciuto, nelle orecchie un sibilo pressorio.
Lento il serpente ingoia il piccolo agnello.
Voto: 8
Marco Carcasi
Trasponsonic Records Home Page