(ANTS Records 2018)
Colpo gobbo in casa Ants. Livebatts! è un progetto piuttosto originale quanto pazzoide coniato dalla mente di John White nei primi sprazzi degli ’80. Condiviso allora con il fido sodale Christopher Hobbs, il mood della sigla manifesta la forte passione di John per delle tastierine a dir poco giocattolo, azionate mediante batteria, stra-abusate in quel periodo. Se si considera che a interessarsene è uno che sul curriculum ha collezionato flirt con pivellini del minimalismo quali Brian Eno, Cornelius Cardew, la sua Scratch Orchestra, e pure con un certo Gavin Bryars, allora sia la curiosità che le aspettative non possono che viaggiare su livelli medio alti. Promesse altamente mantenute dall’ascolto, il quale svela in primis una nuova formazione costituita dal nostro a tastiere e toys, con MJ Coldiron sempre alle tastiere e (radi inserti di) alla voce, Andrea Rocca a samples e chitarra elettrica, senza scordare i contributi di Nancy Ruffer al flauto elettrificato. Un caleidoscopio echeggiante mille passioni miscelate con maestria dove poter percepire quel magnifico groove electro-pop di caratura Kraftwerkiana, insaporito da pasticci plastici e analogici (l’opener Harold in Salt Lake City nasce con tale dna), da pensate sonore la cui filigrana cartoon-esca, insieme ad un perfetto ego retro-wave, può mettere a cena i fan delle sonorità più vintage (Raymond Scott side elettronico, Bernard Parmegiani, ecc) con quelli della materia ambient e minimalista, senza dimenticare la fetta più eclettica e noisy, che, per intenderci, gode al suono delle peripezie zorniane via Filmworks. Ecco dunque sciorinare fabbricazioni cibernetiche le cui fondamenta celano vocalizzi portati in alto da reiterazioni armoniche in salsa chili-lounge (la vocoder-mania di Adventures in Outer Space); oblunghe peregrinazioni etno-ambient dall’intarsio minimal-drone, inframezzate da cartoline policrome di musica concreta (Waldesrauschen); sonetti hi-tech-no pasticcioni (la spudoratezza analogica hi-energy che pompa lungo Groovin Batts); voragini isolazioniste nero pece dove un cupo conto alla rovescia conduce verso l’oblio a colpi di affilate rasoiate elettrostatiche (Dinosaur Helpline); possenti incastri elettroacustici dove il taglio noise squarcia l’ambiente circostante, facendosi modulare a gradi da una serie di suoni campionati, messi lì a scandire il tempo (da sentire in particolare quello della suoneria telefonica che fa di Goldfish Chatline un ascolto ad alto tasso emotivo); ammaestrati teatrini tropical beat pop dalla colorazione allucinata e dinoccolata (la sublime ascesa esotico-delica di PT-30 Crosstalk che va avanti all’infinito). Era da un bel po’ di mesi che un lavoro discografico non coinvolgesse il sottoscritto così intensamente, senza mai annoiarlo ascolto dopo ascolto, ma anzi, facendogli scoprire ogni volta suoni e caratteristiche rimaste nell’ombra in precedenza. I Livebatts! confezionano un manicaretto di ingegnosa musica sperimentale seguendo un registro compositivo che trae forza vitale dall’effervescenza del Pop e da quella vivida materia electro-clash che negli eighties ha visto il suo massimo splendore. Senza esitazioni: un gioiellino che si merita tutte le stelle possibili.
Voto: 10
Sergio Eletto