(Ravello Records 2018)
Il compositore e organista Zvonimir Nagy, americano di origine croata, ha dedicato un intero disco alla sua produzione per organo. Il titolo, Angelus, è indicativo dell’atmosfera che l’ascoltatore si appresta a sperimentare: un’ispirazione assai intima e riflessiva, ricercata attraverso una sorta di ossessività lineare che ricorda, certamente, l’esperienza minimalista, ma anche la grande lezione della musica di Pärt.
Il risultato, però, è di una fin troppo manieristica nudità sonora, una tensione misticheggiante che, talvolta, appare monotona, per quanto Nagy sappia trovare soluzioni timbriche interessanti. Le Litanies of the soul, insieme all’introduttivo Angelus, sono le pagine più rappresentative dell’intero album, che è pervaso dall’idea di estendere all’infinito, come fossero permanenze in perenne dissolvenza, suoni e armonie prolungate. Quando, nei Preludes for a prayer, il discorso vuole farsi più strutturale, il demone della ripetizione surclassa l’invenzione tematica, offrendo risultati meno convincenti.
Voto: 6
Marco Gatto