(Discus 2018)
Senza dubbio l’eclettismo che regala il suo nome alla banda risiede nello stile che fonde il rock progressivo che fa da trait d’union generale e da ispirazione primigenia, il jazz elettrico di Miles che riecheggia in molte tracce, l’improvvisazione libera (all’origine della creatività del disco), un pizzico di psichedelia e anni ’70, richiami agli anni ’80 (per questi ultimi, si ascolti l’incipit di Second Permission Secrete) e sprazzi di hard rock (come nella chitarra distorta, in dialogo però con una tromba quasi barocca, dello sfogo iniziale di E-Forks and Ornaments o come in alcuni momenti di Support Provisoire).
Il leader, il bassista Guy Segers, attivo in Belgio, è anche il sound producer, ed è stato capace di mettere insieme, proprio nel senso letterale del com-porre, le idee nate dall’improvvisazione. Ha così amalgamato le avvolgenti tastiere (Catherine Smet), il suo sotterraneo e atmosferico basso, le incisive incursioni della chitarra elettrica (Michel Delville), i voli e le decorazioni dei fiati (Roland Binet al flauto e al sax tenore, Hoe Higham al sax soprano) e la batteria di Dirk Watchtealer. A farsi notare non è tanto una o l’altra delle nove tracce (nessuna in particolare risalta sulle altre), ma piuttosto il soundscape generale. Un soundscape che dà vita a un landscape misterioso, come correttamente mette in evidenza il titolo dell’album: il paesaggio di osservatori ciechi in una notte oscura, profonda e a tratti anche un po’ inquietante.
Voto: 8
Alessandro Bertinetto