(Improvvisatore Involontario 2018)
Per diverse ragioni, fra cui anche il semplice fatto di avere avuto l’opportunità qualche mese fa di presentare entrambi i dischi insieme ai rispettivi musicisti press il jazz club bolognese Bravo Caffè, ai miei occhi vale per ‘Meetings…’ del Late Sense 4et quel che valeva già per un altro disco recentemente recensito su Kathodik, ‘Pinturas’ di Ugo Moroni. Ovvero, anche qui aprirei la recensione con parole molto semplici e chiare, finanche a rischio di apparire banali (ma in realtà non scontate), dicendo che si tratta di un bel disco jazz, in alcuni momenti un ottimo disco jazz. Anche nel caso della prova discografica del Late Sense 4et, infatti, ci si trova di fronte a un lavoro maturo, frutto tanto di ispirazione e ‘talento’ quanto di esperienza e ‘mestiere’ (nel comporre, nell’eseguire, nel reinterpretare), e con salde, consapevoli e ben evidenti radici nella tradizione del jazz. Quello che mi sembra emergere dall’ascolto ripetuto di un disco come ‘Meetings…’, infatti, è un atteggiamento generale che definirei di appropriazione del passato attiva e critica (e non passiva e acritica, come avviene spesso purtroppo…), di coscienza acuta del presente e di sguardo al contempo rivolto al futuro. Vale a dire, tradotto in altre parole, un atteggiamento che vede nel legame imprescindibile e non-rescindibile con la tradizione del jazz (ben visibile anche nella scelta del Late Sense 4et di includere nel cd le riletture di brani di grandi autori, come Interplay di Evans e Nardis di Davis) una condizione necessaria (ancorché di per sé non sufficiente, va da sé!) per poter tentare di farsi interpreti dello spirito di questa musica oggi, calandola nei bisogni della contemporaneità, dando espressione a questi ultimi anche attraverso composizioni originali, e con ciò facendole anche compiere qualche passo in direzione del domani. Il Late Sense 4et mi sembra portare avanti questo tipo di operazione con saggezza ed equilibrio in ‘Meetings…’. Saggezza ed equilibrio riscontrabili a diversi livelli, a partire dalla scelta originale e in partenza un po’ rischiosa, ma alla fine vincente, di un organico senza pianoforte, composto da sax (Gaetano Santoro), vibrafono e marimba (Edoardo Ponzi), contrabbasso (Francesco Marchetti) e batteria (Mauro Cimarra), con aggiunte di elettronica (N2B) e trombone (Massimo Morganti), che consente in molti momenti del disco la creazione di intrecci ritmici e impasti timbrici davvero notevoli. Ma saggezza ed equilibrio riscontrabili anche nella scelta del repertorio, che include per l’appunto due riletture di grandi classici del jazz, come si diceva, e cinque brani originali a firma dei membri del quartetto che ne rivelano anche le qualità compositive: brani fra i quali, dovendo sceglierne solo un paio da segnalare al lettore di Kathodik, indicherei Ballad for my Valentine con cui si apre il disco e la magnifica, straniante Broken Blue che, dopo l’apertura con un tema frizzante e capace di attirare subito l’attenzione dell’ascoltatore, si apre poi a una lunga improvvisazione ritmicamente spezzata e impreziosita dagli inseguimenti fra gli strumenti solisti. Salda, compatta ma non di rado capace di guizzi interessanti e aperture molto libere è la sezione ritmica di Marchetti e Cimarra; a tratti delicati, a tratti invece trascinanti, sono gli interventi di vibrafono e marimba (Ponzi) che, dal punto di vista timbrico, si rivelano essere a mio giudizio un elemento davvero azzeccato per l’originalità del quartetto; infine, capace di essere, a seconda di ciò che richiede il brano, misurato e composto oppure viceversa ‘debordante’ (ma senza mai peccare di hybris!), è il sax di Santoro, musicista poliedrico dalle collaborazioni variegate ed eclettiche spazianti dal repertorio ska-jazz degli Aretuska di Roy Paci al cantautorato brillante e sofisticato di Colapesce alle sperimentazioni sonore con Cristina Zavalloni o alle avventure avanguardiste e rumoriste in seno ai progetti Skrunch e Naked Musicians con Francesco Cusa. In definitiva, il Late Sense 4et è un quartetto che esordisce molto bene e che, per il potenziale che lascia emergere e intravedere in ‘Meetings…’, promette anche di meglio per il futuro.
Voto: 10
Stefano Marino
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