(Planet Mu 2018)
Ne è passata d’acqua sotto il ponte per Jerrilynn Patton, dai
giorni del lavoro in acciaieria a Gary, nell’Indiana.
Ci son volute un paio di opere acclamate (“Dark Energy” e “Black
Origami”), c’è voluto l’approccio remiscelante per altri
(Björk, Ben Frost), c’è voluto l’incontro, organizzato dalla Unsound Productions
di Cracovia con il coreografo Wayne McGregor e
la sua singolare e innovativa compagnia di danza.
“Autobiography”, è un’astrazione su aspetti del sé in relazione al gioco
espanso dell’esistenza, dal passato nel futuro con luci e azione
fisica d’impatto. McGregor sviluppa percorsi personali e complessi
d’insieme, con gli scienziati di Wellcome Trust sequenzia
il suo genoma e ci programma l’impatto suggestivo del gioco luci e
relazione fisica. Original soundtrack, tournée e supporto
fisico (questo), son tutte ovvie conseguenze di quell’incontro per
Jlin. Tradotto e prodotto in una serie di battute in loop scartavetrato, scie ambient,
balbettamenti post Aphex Twin, paesaggi oltre hip-hop, influssi d’Asia e Africa,
morsi grime e screpolato fascino soul.
C’è il senso di un’umiltà brillante e funzionale al tutto,
che non straborda ma si mostra, sospensioni e percorsi.
Ti par poco?
Voto: 7
Marco Carcasi