(Azoth 2018)
Spazi ampi di fluttuazione organizzata.
Per metalli e materia in illuminato assemblaggio strumentale diy e reattiva elaborazione digitale ballardiana.
Eventi sonori controllati e portati ad agire su pratiche oltre genere (Redshift 2 con i suoi allunghi su ritmiche in espansione Z’ev).
Etno sminuzzamenti e pulviscolo impro (Redshift 3), vibrazioni basse e profonde di pelli sollecitate e la traccia ritrovata di una voce femminile su nastro che gira e rigira (Redshift 4).
Blueshift conclude e procede (e potrebbe esser per giorni), col suo minimalismo raga che lento emerge dal buio più profondo.
Da più di trent’anni a perlustrar abissi e altezze senza l’imbarazzo di alcuna vertigine.
Acustica meraviglia “Redshift”.
Voto: 8
Marco Carcasi