(Autoproduzione 2019)
Non occorre una bottiglia di rum per stare assieme ai Cinque uomini sulla casa del morto: magari (meglio) una di Tocai, vista la provenienza del quintetto di Cividale del Friuli.
Ascoltandoli, vengono in mente i Nomadi di metà anni Settanta, quelli con Chris Dennis in formazione (Non dirlo a me), in primis per l’evidenza del violino di Davide Raciti; naturalmente in “Kairòs” il paragone deve essere trasferito naturalmente al tempo 2.0 (Dal deserto al mare, vivaci le chitarre Alberto Corredig e Francesco Imbriaco), ma l’impronta “canzone italica assennata con innesti folk” è marcatissima.
Si, sono proprio assennati (La nostra intersezione, si sentono bene la batteria di Alberto Marinig e il basso di Leonardo Duriavig); al massimo un po’ malinconici (la convincente Fino a essere nulla) e prolissi (tredici brani son troppi, poi si rischia l’effetto Ermal Meta, Torino). Quando soffia il vento del cambiamento, può essere utile anche “Gordon” (I giorni del sole).
Voto: 7
Marco Fiori
Cinque Uomini sulla Cassa del Morto Facebook Page