(Lactobacillus Records 2019)
‘Make an O with the Ass of the Glass’, disco degli Oui! The North pubblicato nel mese di maggio di quest’anno, si compone di dieci tracce, intitolate nell’ordine Radio City Hall, We Are The Reason, The Moon Of Tangeri, Sermon, As Sincere As Never Before, True Love, Until The Light Takes Us, A Kind Of Aggresion, Song For Tokyo e Fall River. Muovendosi a cavallo fra musica ambient, new wave e post-rock, come spiegano le stesse ‘liner notes’ del disco, il progetto degli Oui! The North si propone come un progetto ‘dedicato ai grandi spazi, al guardarsi indietro e al potere della malinconia’, e mirato a ‘incanalare [nei dieci brani] quanta più potenza creativa e istintualità’ seppur nell’incrocio fra quest’ultima indole intonata all’immediatezza espressiva e tendente ‘all’istinto e al puro piacere creativo’, e un’altra indole invece più mediata e tendente a un ‘approccio meditato, malinconico, rifessivo’. Gli Oui! The North, formati da Marco Patrimonio e Marco Vincenzi che si alternano a chitarre, basso, koto, piano, synth, fiati e strumenti ritmici (ai quali si aggiungono in varie tracce i contributi di altri collaboratori: Max Carinelli voce inTrue Love; Cristiano Mecchi voce in We are the Reason; Gianmarco Mercati voce in Fall River; Giorgia Sette voce in A Kind of Aggression; Matteo Baldi chitarra solista in A Kind of Aggression; Stefano Bonadiman basso in We are the Reason;
Anna Patrimonio voce in Radio City Hall; The Rev voce in Sermon; Irene Pasini voce in The Moon of Tangeri), individuano alcuni fra i loro riferimenti musicali in realtà eterogenee e a prima vista inconciliabili fra loro come Lali Puna, PGR, Aucan, Explosion In The Sky, Mogwai, Ennio Morricone e hip hop. In effetti, all’ascolto del disco, e soprattutto di alcune tracce particolarmente riuscite, bisogna ammettere che ciò che viene riportato nel booklet come atteggiamento di reminiscenza ‘di ascolti più lontani nel tempo, tra new wave e pop elettronico anni ’80’ si appalesa in maniera particolarmente vivida, con esiti non di rado interessanti e originali che sanno colpire positivamente l’ascoltatore, laddove in altre occasioni durante il disco l’operazione sembra riuscire un po’ meno e ne scaturisce dunque un senso di ripetizione che non scuote e poco emoziona. Nel complesso, il disco è comunque da promuovere come un’operazione dotata di un suo senso complessivo, di una sua coerenza sonora e una sua compattezza tematica, e nei momenti migliori di una sua capacità di rifarsi a modelli consolidati e importanti ma senza mero spirito di emulazione bensì con spirito di adesione e con volontà di prosecuzione di un discorso in cui evidentemente Patrimonio e Vincenzi credono con convinzione.
Voto: 6
Stefano Marino
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