(Navona 2019)
La pianista texana di origine indio-americana Roberta Rust ci offre un variegato programma di brani pianistici scritti da autori con i quali vanta un legame – personale e artistico – privilegiato e diretto. A partire dal Blues di George Rochberg, storico compositore americano celebre per pagine di notevole profondità e complessità, che invece qui (siamo nel 1972) si cimenta con una delle forme popolari più note della cultura americana, riproponendola in chiave colta. I due brani del giovane Michael Anderson, anch’egli pianista nonché allievo della Rust, si segnalano per l’estrema cantabilità e per una fluidità che fa pensare al mondo dell’improvvisazione. Nei tre Bocetos, i ritmi sudamericani cari al compositore di origini cubane Leo Brower si alternano a passaggi pervasi da un lirismo asciutto di grande immediatezza. Anche il Lament di Ellen Tafee Zwilich (prima donna a vincere il Premio Pulitzer per la musica) si distingue per concisione espressiva. I tre brani giovanili di Philip Evans rivelano un autore già capace di rileggere con una certa originalità forme classiche come il Minuetto o la Sarabanda, laddove i due brevi pezzi di Thomas L. McKinley colpiscono per l’intensità di marca espressionistica. Nell’opera del compositore di origini brasiliane J.A. Rezende De Almeida Prado riecheggiano le atmosfere mistiche del suo insegnante Olivier Messaen. Chiude questa intrigante raccolta il trittico a firma di John Sharpley, la cui scrittura concentrata e rarefatta esalta una volta di più le qualità interpretative e la sensibilità di tocco della Rust.
Voto: 7
Filippo Focosi