(Crónica 2020)
Il secondo album della sperimentatrice portoghese Diana Combo (aka Síria / Eosin), amplia e sintetizza all’osso quanto di buono mostrato nel precedente “Cuspo” del 2018 (anche quello su Crónica e come questo, in limitata edizione su nastro, dunque, veloci…).
Vinili manipolati, field recordings, metalli trattati, l’inaspettato, stralci di canzoni trovate/cantate, tutto in scultoreo fermo immagine da azione performativa (ovvia e prevista dalla Combo, data la sua esperienza nel sound design e nell’installazione).
Avvolgenti sequenze di arcaico futuro/presente, a tratti raggelante, con le unghie conficcate nella memoria d’ognuno ad ogni latitudine.
T’interessano le spine e l’estasi? Sei servito.
T’interessa la sequenza sforzo del volo e libertà di ciò che poi segue? Sei servito.
T’interessa (come negli oltre dieci minuti di Danse Macabre), esser torto e gettato nell’angolo con le ossa rotte? Sei servito.
T’interessa la pietra, il ferro che sbatte, la canzone tradizionale d’ogni dove, il legno, lo spazio esterno e l’interno, voci d’altri prese/carezzate, lasciate sospese e poi gettate dove le parole si dimenticano delle parole? Sei servito.
Resta un vinile che gira e una vertigine/frequenza (Ay Işiğinda), poi una voce che canta, poi le stelle.
Voto: 7
Marco Carcasi
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