(Nonesuch, 2020)
‘Round Again’ è l’atteso ritorno di un quartetto di musicisti straordinari – Joshua Redman (sax tenore e soprano), Brad Mehldau (pianoforte), Christian McBride (contrabbasso) e Brian Blade (batteria) – che si fecero notare nel lontano 1994 come membri del primo Joshua Redman Quartet nell’album ‘MoodSwing’ e che 26 anni dopo, essendo ormai passati definitivamente dallo stato di giovani brillanti promesse del jazz alla condizione di nuovi maestri nel panorama jazz contemporaneo, con carriere di assoluto rilievo sia come solisti che in innumerevoli progetti di vario tipo, si riuniscono per dar vita a un nuovo album. Un nuovo album, ‘Round Again’, che si articola in sette tracce e che certamente non delude le aspettative degli ascoltatori desiderosi di riascoltare finalmente Redman, Mehldau, McBride e Blade insieme, sebbene si debba anche dire che non tutto in questo disco brilla allo stesso modo e con la medesima lucentezza. Quel che certamente non manca in un disco come ‘Round Again’, registrato all’inizio di settembre del 2019 e pubblicato quest’anno, è la classe, la raffinatezza, la padronanza del linguaggio jazz in tutte le sue sfumature. Come si diceva, dai tempi della militanza giovanile nel primo Joshua Redman Quartet personaggi come Brad Mehldau, Christian McBride e Brian Blade hanno decisamente spiccato il volo e si sono imposti senza ombra di dubbio come talenti di rara perizia tecnica e al contempo rara inventiva e originalità sia a livello compositivo, sia a livello esecutivo come virtuosi nei propri rispetti strumenti, e lo stesso naturalmente vale per lo stesso ‘band leader’, cioè Joshua Redman. Tutto questo non manca di farsi sentire in ‘Round Again’, sia nei momenti solistici di ciascuno dei quattro musicisti, sia nello squisito ‘interplay’ che essi riescono a realizzare con un’apparente facilità per la quale è possibile scomodare l’impegnativa categoria estetica della grazia. A mancare in alcuni episodi di ‘Round Again’, semmai, è qualche volta l’esuberanza creativa, la generosità e la tendenza a lasciarsi trascinare dalla spontaneità dell’improvvisazione a costo di rischiare qualche sbavatura – un aspetto, quest’ultimo, che invece non mancava affatto in prove giovanili come ‘MoodSwing’, in cui il talento per certi aspetti ancora acerbo e un po’ grezzo dei quattro musicisti sapeva compensare tutto ciò con un ebbro abbeverarsi alla sorgente della libertà nell’esecuzione. Così, se la maggior parte dei brani di ‘Round Again’ sicuramente convince e, come si diceva, soddisfa tutte le aspettative che – per dirla con il linguaggio dell’ermeneutica – formano l’orizzonte di attesa dell’ascoltatore che si accosti al disco con la consapevolezza del livello dei quattro musicisti coinvolti, in qualche episodio il risultato sonoro convince meno e il quartetto sembra voler ripiegare un po’ manieristicamente sulla formula certamente consolidata ma altresì non troppo ispirata di un ‘easy listening’ colto che non aggiunge molto al panorama spesso sovraffollato del jazz odierno. Un po’ di sperimentazione in più gioverà sicuramente al quartetto, portando verosimilmente a quel punto i suoi risultati musicali a livelli irraggiungibili e stellari, qualora esso voglia correre qualche rischio e osare un po’ di più sia nelle eventuali performance dal vivo a supporto del disco, sia in occasione di una possibile – e, beninteso, assolutamente auspicabile – nuova prova discografica come seguito di ‘Round Again’, come ci auguriamo possa accadere presto.
Voto: 7
Stefano Marino