Merzbow, Mats Gustafsson, Balás Pándi ‘Cuts Open’

(RareNoise Records/Goodfellas, 2020)

Merzbow aka Masami Akita, sperimentatore giapponese con oltre 400 album all’attivo, torna sul luogo del delitto con Mats Gustaffson e Balás Pándi, sassofonista svedese e batterista ungherese, anche loro prodighi quanto a spericolate incursioni nei territori del free/noise.
‘Cuts Open’ è il loro terzo album, seguito di ‘Cuts’ (2013) e ‘Cuts of Guilt, Cuts Deeper’ (2015), quest’ultimo in quartetto con Thurston Moore. Le “ferite aperte” del titolo sono quattro lunghi brani strumentali (il più breve è di 17:51 minuti) i cui titoli sono ispirati alle opere della scrittrice svedese Karin Smirnoff, una delle letture preferite di Gustaffson. Le registrazioni del disco si sono svolte allo Studio GOK di Tokyo dopo un breve tour nel paese del Sol Levante. “Le persone che non hanno familiarità con il lato gentile della musica di Masami sono sorprese quando dico che abbiamo fatto un disco di Merzbow particolarmente calmo”, ha spiegato Gustaffson, “ma questo è più o meno il caso”. L’aggettivo “calmo” va preso però con le pinze. I brani si svolgono all’insegna di un’improvvisazione in cui il tessuto sonoro, per lo più sospeso e inquietante, conosce improvvise ulcerazioni. La cifra emotiva è l’inquietudine, soprattutto nelle prime tre tracce. I went down to brother apre con gong e sonagli, Akita pennella un fosco paesaggio post-industriale la cui staticità viene rotta da furiose interferenze elettroniche, mentre Gustaffson intona col flauto una melodia esotica, ancestrale. And we went home è giocata su drumming jazz, ipnotiche escoriazioni sintetiche e un sax torturato, ora ridotto a un respiro affannoso ora al cigolio del portone di un maniero popolato di spettri. In We went up to mother l’impressione è quella del brulichio frenetico di una vita infinitesimale, una colonia di miliardi d’insetti, la riproduzione di cellule aliene, la generazione di una remota galassia nella gelida indifferenza del cosmo.
He locked the door è la più tirata del lotto, un free-noise-jazz squassato di esplosioni nucleari in perfetto stile Merzbow, con il sax di Gustaffson sottoposto ad ogni sorta di sevizia timbrica e il drumming nevrotico di Pándi che squassa il tessuto sonoro dall’inizio alla fine.
Sono brani che vivono di una suggestione emotiva, paesaggistica, non intellettuale. ‘Cuts Open’ non è l’album più originale che possiate ascoltare oggi, ma è certamente un buon compendio di sperimentazione free-form, con un fascino conturbante e qualche alzata d’ingegno in grado di solleticare anche la fantasia più estenuata.

Voto: 7

Marco Loprete

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