Ramon Moro ‘Blue Horizon’ 

(Aut Records 2020)

Malinconia novembrina, nostalgia autunnale, nebbia su irti colli (che, immancabilmente, piovviginando sale). Piuttosto che da orizzonte blu, le atmosfere espressive iniziali di quest’album sono da orizzonte grigio. E forse il blu dell’orizzonte dell’omonimo brano (Blue Horizon) risplende proprio perché, grazie al filicorno di Ramon Moro squarcia la coltre grigia della malinconia che pervade, fino a quel momento, il mood avvolgente, sospeso e fluido delle sue composizioni. In effetti, se già il successivo Too Late gode della luce azzurrina che emana dal brano precedente – nonostante l’intenzionale esitazione delle note del piano di Emanuele Maniscalco, che interagisce empaticamente con le delicate percussioni di Zeno De Rossi –, il tema di Nocturne for Joly, suonato insieme da tromba e piano sul sostegno profondo e sicuro del contrabbasso di Federico Marchesano, si e ci distende evocando la dolcezza di una sera baciata dal ricordo sereno. Infine, Wrong Stop. It’s So Cool conclude l’album, in modo consapevolmente errato, perché introduce un’inedita modalità espressiva, appunto cool, e groovy, che vorremmo sentire sviluppata in un prossimo lavoro. Questo, ispiratosi al Paul Motian Trio di ‘Folk Song for Rosie’ (1979) per i primi 4 brani, come scrivevo qualche riga fa, aveva avuto un incedere assai diverso. Eppure già in alcuni frangenti (ad esempio la parte iniziale di Untie Me) l’interplay improvvisativo e l’immaginazione solistica presagivano questo esito, complicando e smuovendo le sensazioni dell’ascoltatore (si ascolti l’assolo del contrabbasso, molto diverso da quello altrettanto bello di Love’s Uncertainty, peraltro attraversata anch’essa, a ben ascoltare, da un’inquietudine da cui scaturirà un finale di senso compiuto e consapevolmente deciso). Senz’altro un disco pregevole, tanto sotto il profilo delle composizioni e della loro concatenazione, quanto sotto quello dell’esecuzione.

Voto: 8,5

Alessandro Bertinetto

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