(Family Sounds Records 2020)
Ciò che segue non è la recensione di un disco, non è la recensione di brani, non parla di musicisti né di case discografiche. In questo caso non si può: non perché non ci siano questi ingredienti, ma perché il mix non restituisce un prodotto che si acquista, si ascolta e si conserva. Di nuovo, ci sono questi ingredienti.
Ma non solo.
Più che di un disco, avrebbe senso parlare di un Gesamtekunstwerk: un’opera totale, una grafica unica, un’edizione pregiata, un’incisione vicina all’autoproduzione, artigianale, su vinili che suonano gli uni diversi dagli altri.
Un ensemble musicale che non si riesce nemmeno a scrivere, figuratevi a chiamarlo: testimonia il rifiuto di un’identità, “un atto di luddismo musicale”, un’ispirazione esoterica, così come sembra cantare la voce dal minareto dell’antimodernità che sentiamo nei brani. I componenti del gruppo si chiamano 0 e 1, come le cavie in laboratorio, entrambi cantano e suonano. Cantano in maniera notevole, e la musica ha un ruolo atmosferico più che riempitivo.
Solo i brani sembrano avere le uniche caratteristiche identificabili: dei titoli. Il disco ha una struttura a parentesi con due atti lunghi all’inizio e alla fine e un interludio in mezzo.
L’ascolto mi restituisce quel gusto che avrebbero Nick Cave, Leonard Cohen, gli Zeppelin se fossero stati composti da LaMonte Young e suonati da Sun Ra. La musica, ci dicono, ha anche il ruolo di celare ed evocare, di sottrarre e indicare, di presentarci dei misteri e di sollecitare altri sensi.
Gli ĀraṇyakAƔnoiantAḥkaraṇA, come diavolo si chiamano – non è importante –, non sono da meno. Ma forse la musica che ascoltiamo è solo una parte del senso del disco…
Voto: 9
Gianni Zen